Fonte: La Repubblica
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venerdì, dicembre 28, 2007
Contrada sta bene, stia in carcere!
Ci crediamo o è talmente sicuro di essere assolto?
Sereno e circondato dai suoi collaboratori più fidati, Cuffaro ha accolto i giornalisti per la conferenza stampa di fine anno senza fare troppi proclami. Anzi. A chi gli ha ricordato che tra i suoi alleati c'è chi ha già dato disponibilità a candidarsi in caso di elezioni anticipate, ha risposto: "Io non l'avrei fatto, sono sempre stato attento ai risvolti umani". Il riferimento è al presidente dell'Ars, Gianfranco Miccichè, l'alleato che ha criticato il "cuffarismo", definendolo un metodo sbagliato di fare politica.
"Per me non è un termine dispregiativo - ha detto il governatore - Il cuffarismo è l'interpretazione personale del popolarismo di don Sturzo". Il governatore ha aggiunto di avere chiarito tutto con Miccichè: "Ho visto Gianfranco in chiesa e ci siamo abbracciati".
In attesa della sentenza, Cuffaro guarda al futuro. Nella sua agenda di governatore ha scritto come priorità per il 2008 bilancio e finanziaria, poi le leggi sullo sviluppo, il lavoro, la formazione professionale, i Consorzi Asi e una riforma quadro sull'urbanistica. Come vice segretario nazionale dell'Udc, invece, rivendica il ruolo dei dirigenti siciliani e spiega la linea del partito: "Se si andrà a votare con questo sistema elettorale l'Udc - avverte Cuffaro - starà con il Centrodestra, se invece si approverà la nuova legge, e non può che essere il proporzionale alla tedesca, allora potrà fare da contenitore, accogliendo i moderati che non si sentono rappresentati dal Pd".
Per Cuffaro tuttavia "è probabile che tra aprile e maggio si andrà a votare con l'attuale legge; Veltroni e Berlusconi in realtà non vogliono la riforma, significherebbe consentire a Prodi di rimanere per altri due anni e nessuno dei due se lo può permettere, mentre la sinistra radicale e l'Udeur, in caso di via libera al referendum da parte della Corte Costituzionale, faranno cadere il Governo".
28/12/2007
Fonte: La Sicilia
giovedì, dicembre 27, 2007
Il ritorno degli americani
Prosegue ancora Binnu: "Parenti di Totuccio Inzerillo (capofila dei cosiddetti 'perdenti', ucciso nell' 81 nella guerra di mafia, ndr), Sarino suo fratello sta tornando dall'America per stabilirsi qua, perchè dicono che in America se la passa male.... Il mio cuore volesse pace e serenità per tutti, se dipendesse solo da me la vicenda sarebbe risolta, ma dobbiamo creare le condizioni"... Nino Rotolo fu poi arrestato nell'operazione Gotha, e Lo Piccolo accolse la richiesta del padrino alleandosi con gli 'americani'.
Numerose lettere d'amore, indirizzate da donne diverse al boss Sandro Lo Piccolo, durante la sua latitanza, sono state sequestrate nel covo di Giardinello dove il giovane mafioso venne arrestato col padre Salvatore. La copiosa corrispondenza prova che nonostante i continui spostamenti dovuti alla latitanza Sandro Lo Piccolo riusciva ad intrattenere diverse relazioni sentimentali affidandosi spesso a "corrieri" per la consegna delle missive amorose, come scrive La Repubblica.
L'elemento costante delle lettere è il rammarico manifestato dalle donne del giovane boss, qualcuna separata e con figli, per le difficoltà di potersi incontrare. "Amore mio dolce, mi manchi tanto. Dove ti sei perduto? Nell'abisso infinito? Di sicuro non so dove trovarti, altrimenti già avrei rimediato... Vivo di immagini di te, del tuo viso, che passano all'improvviso...". E un'altra ragazza scrive al boss: "È una grande sofferenza, non sai quanta. Amarti? Tu ci sei? È vero, esisti e non sai quanto vorrei averti solo per me. Ma ahimè per me sei molto invisibile".
L'elenco di centinaia di imprenditori, commercianti e liberi professionisti di Palermo che pagherebbero il 'pizzo' con cadenza mensile o annuale, è contenuto nell'archivio di Salvatore e Sandro Lo Piccolo sequestrato nel covo di Giardinello. Dal contenuto del libro mastro dei boss, secondo quanto scrive il quotidiano La Repubblica, emerge che a Palermo sono pochi i commercianti che non pagano la tangente a Cosa nostra.
Tra i negozianti vittime delle estorsioni figurano tra gli altri anche i nomi di noti negozi del centro cittadino, ma anche il bar Caflish e il ristorante Peppino. Accanto ai nomi del bar Alba e della catena Giglio sono indicati punti interrogativi. Nell'elenco compaiono anche numerosi commercianti della borgata di Mondello: Renato Bar, Antico Chiosco, il Baretto di Valdesi, i cantieri navali Motomar. L'interesse dei Lo Piccolo per il "Palermo Calcio", è testimoniato da alcune lettere che alludono alla presenza di "infiltrati" di Cosa nostra nel mondo sportivo. Un altro business seguito con attenzione dai boss era quello del totonero e del lotto clandestino, ma anche l'apertura di sale Bingo oltre lo Stretto.
"Chi paga il pizzo di fronte ad un'efficace azione dello Stato, che ha inferto grandi colpi alla mafia, non può essere considerato vittima. Non vi sono più alibi legati alla paura. È questo il momento per denunciare in massa gli estortori". Lo afferma il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello commentando l'alto numero di imprenditori e commercianti che pagano il pizzo a Palermo come emerge dai fogli sequestrati al boss Salvatore Lo Piccolo.
"Da questa lettura - aggiunge - arriva una conferma che era nell'aria e si capiva anche dal silenzio che era seguito dal sequestro dei pizzini: a Palermo il numero della persone che pagavano era alta. È la dimostrazione di quanto fosse capillare l'imposizione del pizzo. Ma mi stupisce che, ancora oggi nonostante vi sia stata un' azione forte dello Stato che ha decapitato capi e gregari, siano poche le denunce".
"Adesso cosa nostra è disarticolata - aggiunge - vi sono le condizioni per denunciare e trovo singolare che fino a oggi nessuno lo abbia fatto. I commercianti devono avere più coraggio e ribellarsi in massa. Non farlo è un comportamento inspiegabile che non può essere tollerato".
27/12/2007
Fonte: La Sicilia
Ciancimino verrà ascoltato
Ciancimino, che nel marzo scorso è stato condannato dal Tribunale di Palermo a 5 anni ed 8 mesi per riciclaggio ed intestazione fittizia di beni, nel corso degli ultimi anni ha rilasciato dichiarazioni ed interviste che, secondo gli inquirenti, potrebbero aprire nuovi spunti d'indagine. Nel penultimo numero del settimanale "Panorama", il figlio di don Vito riafferma che suo padre fu parte in causa nella trattativa aperta con ufficiali del Ros dei carabinieri per arrestare latitanti e per trovare un canale di dialogo con la mafia stragista.
27/12/2007
Fonte: La Sicilia
lunedì, dicembre 24, 2007
Il bilancio 2007 della polizia
Con l'arresto dei Lo Piccolo, i poliziotti della "Catturandi" hanno chiuso il cerchio del loro incessante lavoro sul fronte investigativo e di contrasto alla mafia. E' soddisfatto il questore di Palermo, Giuseppe Caruso, nella conferenza stampa di fine anno: "Abbiamo smantellato Cosa nostra palermitana, tutti i generali e colonnelli sono stati assicurati alla giustizia e oggi la mafia e' allo sbando". Poi annuncia: "Noi lavoriamo su altri fronti perche' il giorno dopo la cattura di Lo Piccolo abbiamo subito aperto altri filoni".
Sul fronte dell'acquisizione dei beni mafiosi l'Ufficio Misure di Prevenzione ha svolto accertamenti patrimoniali che hanno consentito di sequestrare beni per oltre 350 milioni. Quasi una tonnellata la droga sequestrata (tra cui oltre 700 chili di hashish). Un centinaio i soggetti arrestati ed indagati per spaccio e traffico di stupefacenti. Per quanto riguarda il contrasto alla criminalita' diffusa, 993 sono gli arresti e 2.475 invece le persone denunciate a piede libero.
Fonte: La Repubblica
Condannato chi paga il pizzo
Condannati alle spese lo stesso Spataro e gli altri imputati. Cosi' le condanne: Vincenzo Bruno ha avuto sei anni e otto e mesi; Luigi Caravello nove anni e 2.000 euro di multa; Salvatore Gottuso sei anni e 2000 euro; Umberto Maltese, che ha fruito del meccanismo della continuazione, si e' visto rideterminare la pena in complessivi dieci anni, piu' 2000 euro. Sergio Matina ha avuto sei anni e otto mesi; Giuseppe Musso 9 anni e tre mesi e 8000 euro; Felisiano Tognetti 8 anni e nove mesi. Luigi Spataro e' stato riconosciuto colpevole di favoreggiamento. Nel processo sono stati concessi gli sconti previsti dal rito abbreviato. I pm Maurizio De Lucia e Roberta Buzzolani avevano chiesto le condanne di tutti gli imputati. Secondo l'accusa i boss avrebbero sottoposto al sistematico taglieggiamento tutti i commercianti della zona: alcuni di questi ultimi avevano ammesso di aver pagato, altri avevano patteggiato o scelto il rito ordinario.
Fonte: agi.it
La Calcestruzzi Spa interrompe
La decisione dopo un'indagine interna "appare doverosa, in quanto la società - si legge in una nota - ritiene che debbano essere chiariti tutti gli aspetti delle vicende irregolari, allontanati i responsabili, modificate le regole, le procedure e le modalità di produzione in termini tali da impedire il ripetersi di tali episodi".
Il provvedimento cautelare, che diventa immediatamente esecutivo, interessa i sette impianti gestiti e i 26 dipendenti occupati dalla società. "La sospensione dell'esercizio - continua la nota della Calcestruzzi Spa - sarà attuata con la fermata delle attività, limitando temporaneamente l'operatività esclusivamente alle forniture per le quali la società ha obblighi contrattuali vincolanti".
"Tali commesse - prosegue la nota - saranno portate a termine sotto il controllo di funzionari provenienti da altre sedi che assicureranno il corretto presidio delle centrali di betonaggio. I soli dipendenti che non saranno oggetto di provvedimento disciplinare verranno impegnati in lavori di manutenzione e in corsi di formazione sulle regole generali che disciplinano l'attività e, ovviamente, su tutte le nuove procedure produttive che saranno messe in atto; a loro verrà assicurato il regolare trattamento economico".
La Calcestruzzi Spa informa inoltre che "l'attività in Sicilia sarà ripresa solo dopo la corretta implementazione delle procedure operative (peraltro già avviate dal 1997, anno di acquisizione della Calcestruzzi al tempo detenuta dal gruppo Compart ex Ferruzzi), il rafforzamento dei criteri di governance e il varo di sistemi di controllo e di compliance, anche più stringenti per la puntuale applicazione delle regole aziendali".
A supporto della complessa attività di rielaborazione e consolidamento delle regole ma anche per ribadire la propria linea di rifiuto di qualsivoglia contiguità o compiacenza con fenomeni di criminalità organizzata, Calcestruzzi - continua la nota - ha costituito un pool per la governance nel settore del calcestruzzo composta da esperti di riconosciuta autorevolezza ed esperienza.
"La società - prosegue la nota - è grata al dottor Pierluigi Vigna, già procuratore nazionale antimafia, al professor Giovanni Fiandaca, ordinario di diritto penale dell'Università di Palermo e al professor Donato Masciandaro, ordinario di economia della regolamentazione finanziaria all'Università Bocconi di Milano, per aver accettato l'incarico di supervisore nella rilevazione dei problemi da affrontare e nella rielaborazione di regole e procedure da attuare".
"L'iniziativa - conclude la nota della Calcestruzzi - potrà costituire un modello di riferimento per l'intero comparto del calcestruzzo spesso impegnato in aree interessate da rilevanti fenomeni di devianza criminale".
23/12/2007
Fonte: La Sicilia
sabato, dicembre 22, 2007
Dal traffico internazionale all'agricoltura...
Bontade junior, condannato a otto anni per un traffico internazionale di stupefacenti, la scorsa estate si è laureato in Agraria con una tesi sul "Tardivo di Ciaculli" e durante la detenzione aveva fatto sapere che dopo aver scontato la pena si sarebbe voluto dedicare al lavoro nei suoi terreni. Nell'ordinanza, i giudici danno atto a Bontade del "completamento degli studi universitari con il conseguimento della laurea e la prospettiva di un onesto lavoro come agronomo".
Assieme a Bontade è tornato libero anche il cugino Gioacchino Di Gregorio, 35 anni, anche lui arrestato e detenuto per traffico di sostanze stupefacenti.
21/12/2007
Fonte: La Sicilia
venerdì, dicembre 21, 2007
Ancora sul Blow up...
Nella zona di Sant´Anna nessuno sta organizzando feste rionali o luminarie. «Hanno voluto prenderci di mira», dicono al “Blow Up”: «Durante il periodo in cui siamo rimasti chiusi, negli ultimi sei mesi, sono accadute tante cose nel quartiere. La denuncia dell´imprenditore Conticello, titolare dell´Antica focacceria, ha portato in carcere i boss del pizzo. Evidentemente, dopo la condanna, altri mafiosi stanno cercando di prendere il posto rimasto libero. Probabilmente, si sono già fatti avanti con altri commercianti della zona».
I ragazzi del “Blow Up” sono determinati, come sempre, ma anche amareggiati: «Come si è potuto consumare un raid in una zona così controllata?», si chiede Manfredi Lombardo. «La ronda dei metronotte controlla il vicinissimo museo. I carabinieri vigilano con cura sull´Antica focacceria. Questa è ormai la zona dei locali: il venerdì sera, ci sono tantissimi giovani che animano il quartiere. Chi ha agito non ha avuto paura di essere scoperto. Anche in questo, ha voluto dare un segnale di rinnovata forza. Colpendo chi ha aderito sin dalla prima ora al comitato Addiopizzo».
Ieri pomeriggio, il “Blow Up” si è animato di amici e simpatizzanti, in segno di solidarietà. È arrivata Rita Borsellino: «Questo è un luogo simbolico per Palermo – dice - uno dei pochi dove ancora si discute della città. Quello che è accaduto è davvero inquietante». In piazza Sant´Anna, anche Arcidonna e Giusto Catania: «Non bisogna abbassare la guardia contro il racket», dice l´europarlamentare.
Il raid ha portato via tutte le apparecchiature più moderne che i ragazzi del “Blow Up” avevano acquistato con grandi sacrifici per animare le loro attività culturali. «Hanno avuto tutto il tempo di lavorare indisturbati - dice Manfredi Lombardo - ci sarà voluta almeno un´ora per smontare quello schermo gigante sistemato sulla parete. Evidentemente, sapevano di poter operare tranquillamente. Tutto ciò è davvero preoccupante». Di certo, chi ha messo in atto il raid sapeva che i vicini di casa del circolo non erano in casa. E conosceva alla perfezione i passaggi delle guardie giurate e dei carabinieri. «Noi proseguiremo comunque la nostra attività programmata - ribadisce Lombardo - non ci faremo intimidire. Già altre volte, in passato, avevamo avuto richieste di pizzo, e mai abbiamo ceduto».
Fonte: L'Espresso
Il made in Italy...
Gli inizi con il padre, la bicicletta per consegnare 10 chili di mozzarella al giorno, la crescita, la quotazione in Borsa a Toronto, il boom dell'ultimo decennio che ha decuplicato il fatturato fino a 4 miliardi di dollari e gli utili a 400 milioni l'anno. Lino stringeva al cuore quella targa perché era un riconoscimento alla storia dei Saputo. Non poteva sapere che il nome della sua famiglia, impresso sul 35 per cento della produzione casearia del Canada, sulla squadra di calcio di Montreal e sullo stadio avveniristico della città, proprio quel nome a 4 mila miglia di distanza, era finito nel mirino della Direzione distrettuale antimafia di Roma coordinata da Italo Ormanni.
Cinque giorni prima, il 22 ottobre, la Dia di Roma, guidata dal colonnello Paolo La Forgia, ha arrestato 16 boss e colletti bianchi del clan di Vito Rizzuto. Le indagini dei vicequestori Silvia Franzé e Alessandro Mosca sono durate due anni e hanno colpito duramente la connection tra il Canada e l'Italia. A 'L'espresso' però risulta che l'ultima pista investigativa percorsa dal nucleo di polizia tributaria di Milano porta proprio ai rapporti tra Rizzuto e i Saputo. Il capitano Gerardo Marinelli e il maggiore Vincenzo Andreone hanno intercettato tra il 2005 e il 2006 l'imprenditore Mariano Turrisi, l'uomo di Rizzuto a Roma, mentre tentava di riciclare 600 milioni di dollari mediante la cessione proprio a Lino Saputo del suo gruppo Made in Italy, destinato a operare nel settore del lusso. Saputo non è indagato, ma l'operazione ha nuovamente acceso il faro sui suoi rapporti con la criminalità.
Qualche mese prima degli arresti, il pm romano Adriano Iasillo ha scritto una lettera riservata alla Polizia interforze del Canada: "La Guardia di Finanza ha intercettato conversazioni dalle quali si capisce che è in corso un'operazione di cessione del gruppo Made in Italy all'imprenditore canadese Lino Saputo per la somma di 600 milioni di dollari americani di cui 300 sarebbero destinati direttamente alla famiglia capeggiata da Vito Rizzuto (...) sarebbe estremamente utile acquisire ogni dato che provi il collegamento tra Saputo e Rizzuto". Alla richiesta del pm italiano non è giunta alcuna risposta. 'L'espresso' ha svolto una ricerca negli archivi del governo canadese e dello Stato di New York, nei vecchi rapporti della polizia e dell'Fbi, scoprendo una serie di documenti che provano i trascorsi rapporti di affari tra Saputo e la storica famiglia Bonanno di New York, della quale proprio il boss Rizzuto è oggi il rappresentante in Canada.
Per ricostruire la saga parallela bisogna partire da un documento. La richiesta di ingresso in Canada presentata il 25 maggio 1964 da un emigrante: Giuseppe Bonanno, nato a Castellammare (Trapani), religione cattolica, cittadinanza statunitense. Bonanno non è un siciliano qualunque. Secondo molti è il Padrino con la 'P' maiuscola, quello al quale si sarebbe ispirato Mario Puzo per il personaggio di don Vito Corleone. Morirà nel 2002 dopo una sola condanna per ostruzione alla giustizia, ma quando presenta la domanda per entrare in Canada è il capo della famiglia omonima che compone insieme ad altre quattro la cupola americana di Cosa Nostra. Bonanno lascia New York per sfuggire alle indagini e ai killer del clan rivale. Punta su Montreal perché sa di avere amici pronti ad accoglierlo: i Saputo. Allegata alla sua domanda c'è una lettera della Giuseppe Saputo & sons: "Caro Mr. Joseph Bonanno (.) tu ci hai aiutato molto negli anni e noi siamo felici di averti nelle nostre attività. Siamo pronti a darti il 20 per cento delle nostre tre società a fronte di un investimento di 8 mila dollari. Siamo certi che ci potrai aiutare enormemente nell'espansione dell'attività. Con il tuo aiuto raddoppieremo i dipendenti". Non c'è da stupirsi. Bonanno non gestiva solo affari illeciti. Come racconterà nella sua autobiografia, 'Uomo d'onore', tra una sparatoria e l'altra fabbricava anche mozzarelle. Nel Wisconsin era socio occulto di un caseificio (tuttora attivo) gestito da un certo John Di Bella di Montelepre, il paese dei Saputo. Proprio Di Bella presentò 'Il Padrino' e 'Il re del formaggio' e chissà che non sia lo stesso John Di Bella che accompagnò Bonanno al vertice più importante della storia della mafia, nel 1957, al Grand Hotel delle Palme di Palermo.
Fonte: L'espresso
Preso Grigoli...
La grande distribuzione alimentare che ha realizzato in Sicilia sarebbe stata per la mafia una forma di finanziamento per le casse di Cosa nostra, ma anche un modo con il quale i boss locali in cui venivano aperti i supermercati potevano anche offrire lavoro a persone loro vicine. In questo modo la mafia ha continuato a sostituirsi alla sana imprenditoria, conquistandosi il favore della gente.
A svelare i meccanismi economici-criminali che starebbero dietro la gestione del marchio Despar da parte di Grigoli nelle province di Agrigento, Trapani e Palermo, sono stati i pizzini trovati nel covo di Bernardo Provenzano il giorno del suo arresto. Si tratta di lunghe lettere che gli erano state inviate da Messina Denaro in cui spiegava che dietro la società di Grigoli c'era lui. I
l boss trapanese chiariva al padrino corleonese il modo con il quale la mafia guadagnava grosse somme di denaro. Ma illustrava anche i problemi che incontrava nelle varie zone, come in quella di Agrigento, dove la Despar ha aperto 40 punti vendita. E i capimafia della zona tentavano di imporre il pizzo o non pagavano la merce che veniva loro fornita.
Il provvedimento cautelare è stato emesso su richiesta dei pm della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Roberto Piscitello, Costantino De Robbio, Marzia Sabella e Michele Prestipino, coordinati dagli aggiunti Giuseppe Pignatone e Roberto Scarpinato, ed è stato eseguito da agenti della squadra mobile di Trapani, Palermo e Agrigento.
Grigoli è indagato insieme al latitante Matteo Messina Denaro, per il quale il gip ha emesso un nuovo ordine di arresto. La società di Grigoli la "Gruppo 6 G.D.O. s.r.l.", che gestiva i supermercati, è stata sequestrata, ed il suo valore ammonta a circa 200 milioni di euro.
Secondo le dichiarazioni rese di recente dal collaboratore di giustizia, Maurizio Di Gati, "Grigoli e Messina Denaro erano la stessa cosa". "La vicenda evidenzia - spiega il capo della Squadra mobile di Trapani, Giuseppe Linares - come la mafia abbia gestito i supermercati Despar a Trapani e Agrigento. Al di là di ogni accertamento di responsabilità penale, così come è stata letta dagli investigatori attraverso i pizzini trovati a Provenzano, ci dà il modello imprenditoriale criminale che la Confindustria deve contrastare in Sicilia".
Il ruolo di Provenzano, considerato come mediatore degli affari dei boss di Cosa nostra, è stato evidenziato dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone che ha sottolineato l'importanza dei dati trovati nel covo del padrino a Montagna dei cavalli, in base ai quali "si è potuti arrivare ad individuare l'aspetto economico-criminale dei mafiosi".
20/12/2007
Fonte: La Sicilia
Talpe DDA, 13 anni per Borzachelli (amico di Cuffa)...
Borzacchelli, secondo gli inquirenti, abusando della sua funzione e della carica di deputato dell'Ars, avrebbe indotto il manager della sanità privata Michele Aiello, sotto processo per associazione mafiosa, a dargli del denaro e avrebbe cercato di farsi intestare quote della società di diagnostica di cui l'imprenditore era titolare.
L'ex sottufficiale, inoltre, avrebbe informato Aiello delle dichiarazioni fatte sul suo conto, agli investigatori, dal pentito Salvatore Barbagallo. "Borzacchelli - ha detto il pm De Lucia durante la requisitoria - ha svolto le sue attività pubbliche, di investigatore dell'Arma, mettendo per anni le sue capacità al servizio del suo interesse personale e di quello dei suoi amici".
20/12/2007
Fonte: La Sicilia
mercoledì, dicembre 19, 2007
Mtv Italia e La7 contro la mafia
All'incontro - nel corso del quale è stato proiettato il film-documentario 'La memoria ha un costo' di Pauro Parissone e Roberto Burchielli, vincitori del Premio Ilaria Alpi - erano presenti anche Don Luigi Ciotti, fondatore dell'Associazione Libera, l'ex procuratore capo di Palermo e procuratore generale di Torino Giancarlo Caselli, il sindaco di Corleone Nino Iannazzo, la vicepresidente della commissione Antimafia Angela Napoli e il direttore News e Sport de La7 Antonello Piroso.
La maratona tv anti-mafia parte domani alle 22,30 su La7 proprio con la messa in onda, in anteprima esclusiva, di 'La memoria ha un costo', che sarà replicata sempre su La7 il 22 dicembre (20,30) e su Mtv il 21 (alle 23) e il 23 dicembre (alle 17). Il docu-film racconta in presa diretta, a 15 anni dalle stragi di Capaci e Via D'Amelio a Palermo, a che punto è la lotta alle mafie, testimoniando la rinnovata vitalità della Chiesa, e non solo, con immagini inedite delle stragi del '92 e di quella di via Carini in cui perse la vita il generale Dalla Chiesa.
I giovani siciliani saranno invece i protagonisti di una tre giorni speciale di Trl, programma cult di Mtv che, per l'occasione, si sposterà a Corleone, in piazza Falcone e Borsellino, per portare ai ragazzi corleonesi musica e impegno con artisti come i Finley, Fabri Fibra, Zero Assoluto e Paolo Briguglia (20, 21 e 22 dicembre alle 15).
Il 21 dicembre sarà la volta di 'Mtv No Mafie Day', una giornata di programmazione speciale al cui interno andrà in onda la prima puntata di 'Pugni in tasca', nuovo talk show condotto da Mario Adinolfi, dedicata al tema delle mafie e della criminalità organizzata (alle 21). Ospite il magistrato Raffaele Cantone, pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.
I racconti dei giovani che in qualche modo hanno dovuto fare i conti con la mafia saranno infine al centro dello speciale 'Mtv No Mafiè (22 dicembre alle 22), mentre l'associazione 'Addio Pizzo', fondata da ragazzi di Palermo, sarà raccontata in una puntata della serie 'Il Testimonè condotto dall'ex Iena Pif.
18/12/2007
Fonte: La Sicilia
12 a Brusca
Gaetano Genova venne sequestrato e ucciso pochi mesi dopo l'omicidio di Piazza, ma il suo corpo fu ritrovato solo 6 anni dopo grazie alle dichiarazioni di Brusca, che raccontò movente e autori del delitto. La mafia aveva deciso di eliminare il vigile del fuoco perchè lo riteneva un confidente delle forze dell'ordine e per i suoi rapporti con Piazza. Il pentito ha inoltre rivelato agli investigatori che Genova aveva avuto un ruolo nella cattura di un latitante vicino alla famiglia mafiosa dei Madonia.
Grazie alle dichiarazioni di Brusca, in abbreviato, Salvino Madonia è stato condannato a 30 anni per l'omicidio del vigile del fuoco; mentre 14 anni di carcere sono stati inflitti a Giovanni Brusca, fratello di Enzo Salvatore. Le due pene sono definitive.
I resti di Genova furono ritrovati nelle campagne di San Giuseppe Jato. Fondamentale per il riconoscimento del cadavere fu una spilletta appuntata ad una giacca. I giudici, oggi, ne hanno ordinato la restituzione ai familiari del vigile del fuoco che non si sono, costituiti parte civile al processo.
18/12/2007
Fonte: La Sicilia
martedì, dicembre 18, 2007
Gela chiede aiuto
"Le città che hanno deciso di combattere la mafia - prosegue Crocetta - hanno bisogno di una nuova attenzione, vanno premiate per la scelta di coraggio e di impegno. Ci aiuti presidente a fare in modo che anche altri facciano la loro parte con gli investimenti e con le misure necessarie a rendere la nostra città moderna".
Nella sua lettera, Crocetta ha ricordato che Gela è oggi in testa, a livello nazionale, per le denunce contro il racket del "pizzo": ottanta imprenditori sono infatti testimoni in processi contro la mafia.
18/12/2007
Fonte: La Sicilia
Si riprende nel 2008
18/12/2007
Fonte: La Sicilia
lunedì, dicembre 17, 2007
Che bel trio...
Arrestato l'infermiere di Provenzano...
Ma che bravo avvocato...
sabato, dicembre 15, 2007
Solidarietà al Blow Up di Palermo
Alcuni giorni prima durante una assemblea di studenti nel locale, dei malavitosi si sono presentati per richiedere il famoso “pizzo” e, ovviamente, il Blow up si è rifiutato di pagare…Stamattina hanno ritrovato il locale a pezzi e sono state portate via tutte le cose di valore che si trovavano li…
Ancora una volta la mafia si è palesata in tutta la sua crudeltà e vigliaccheria attraverso uno dei suoi gesti “classici”. Ancora una volta ha dimostrato di esserci e di non mollare facilmente.
Non possiamo fare finta di niente, ad essere stato devastato non è solo il blow-up nella lontana Palermo ma è anche Radio Aut, il Coordinamento per il Diritto allo Studio e tutta la società civile che ogni giorno lavora per portare avanti gli ideali e i valori della libertà, della giustizia e della legalità.
Più che in ogni altro momento i compagni siciliani hanno bisogno della nostra solidarietà e del nostro sostegno anche economico.
È necessario raccogliere dei fondi affinché rimettano in piedi il locale, affinché non si sentano soli e affinché ricomincino quel lavoro all’insegna della mutualità gratuita e disinteressata antitetica alla logica mafiosa del “niente per niente”.
La mafia esiste, non è fiction televisiva, non è folklore…
Presto organizzeremo una raccolta fondi a favore dei compagni di Palermo!
Fonte: Coordinamento.org
venerdì, dicembre 14, 2007
I racconti di franzese continuano...
"Ho sentito dire da un certo Gaspare di Cinisi, che si faceva chiamare Vittorio, che aveva un rapporto con Giovanni Genovese, per cercare di stabilire un contatto con il latitante Mimmo Raccuglia".. Nei verbali, resi ai pm Nico Gozzo, Gaetano Paci e Francesco Del Bene, il 14, 19, 26 novembre, il pentito racconta quello che sa su Di Maggio, al quale sono attribuite anche minacce fatte pervenire al pm Gozzo. "Questo Gaspare, che veniva anche chiamato 'Crapa Ciunca', è figlio di un anziano che aveva scontato una lunga detenzione". Per Franzese, Di Maggio doveva rivolgersi al boss di Altofonte Raccuglia per "dare la linea a Partinico", cioè per risolvere l' anarchia che si era creata in paese.
"Dopo il Gotha, ci sono alcune zone che vengono assorbite: cioè c'è stata questa voglia di espandersi, quindi si andava sconfinando nelle altre zone" Secondo il pentito, i Lo Piccolo cercarono di estendere la loro influenza anche fuori dal loro mandamento. Al pm che gli chiede se si formò un "grande mandamento", Franzese risponde: "Sì. Ma addirittura parliamo di Sicilia... cioè stiamo parlando di questa voglia proprio di infiltrarsi dovunque". E prosegue: "Per un verso si impicciavano, poi magari veniva messa (a capo del territorio, ndr) una persona che c'era stata anche prima, se gli andava bene... sennò uno direttamente di loro, uno nuovo. Diciamo...loro la zona la dovevano coprire tutta".
Solo in due casi ci furono resistenze: "Un pochettino a Partinico, ma l'unico di Palermo è Uditore che ci sono state resistenze vere e proprie... è l 'unica zona di Palermo che è rimasta praticamente con le persone che c'erano prima". Quando spiega l'espansione dei Lo Piccolo sul territorio di Palermo, il neo pentito Francesco Franzese è molto preciso: "Non mi è stato detto: è tutto un mandamento, perchè non me l'avrebbero potuto dire, nel senso che magari non è neanche vero. Però c'erano loro in questa situazione, dappertutto... questo si". E ancora: "Loro si interessavano ormai un pò di tutto".
Il collaboratore spiega poi che dopo gli arresti dell'operazione 'Gotha', i Lo Piccolo erano rimasti a corto di appoggi. "Non avevano personale, in quel momento avevano arrestato tutti". I padrini di Tommaso Natale, inoltre, in quel periodo apparivano piuttosto confusi. "Avevano pure in testa tante cose di confusione - dice Franzese - perchè nei giornali non si parlava d'altro che queste persone arrestate erano contro di loro. "I pm gli chiedono se si riferisce al boss Nino Rotolo, che voleva uccidere i Lo Piccolo. "Si - risponde Franzese - erano quei giorni di confusione, loro volevano riorganizzarsi, vedere chi poteva...(aiutarli, ndr)".
L'iniziazione nel covo di Giardinello. "Non so se mi hanno preso in giro, perchè mi hanno fatto questa cosa, diciamo come un rito di affiliazione, che....sembrava un film". Raccontando la cerimonia con la quale Salvatore e Sandro Lo Piccolo lo affiliarono a Cosa nostra, il neo-pentito Francesco Franzese non nasconde il suo stupore. "Io mi sentivo preso in giro - dice Franzese il 14 novembre ai pm - nel senso che facevano come si vede nei film, questo fatto dell'ago... una santina hanno bruciato".
Prosegue il pentito: "Questa santina ce l'avevano loro e la facevano bruciare. E si diceva che... sarei bruciato se io lo tradivo, questa cosa mi ha messo comunque in agitazione". Poi, ricorda Franzese, i Lo Piccolo gli raccomandarono la massima segretezza: "Mi hanno detto che non potevo dirlo a nessuno". Il pentito racconta anche che Totuccio Lo Piccolo sembrava perplesso, dopo aver visto il suo tatuaggio. Ma Sandro lo rassicurò: "Lui mi ha spiegato: vabbè non ti preoccupare, mio padre è troppo all'antica". E poi, alludendo al tatuaggio: "Tu poi 'sto coso perchè non te lo levi?".
14/12/2007
Fonte: La Sicilia
Poverino...Ci doveva pensare prima!
Nell'udienza di oggi il collegio avrebbe dovuto nominare due periti il cui compito dovrebbe essere una analisi dei reparti clinici carcerari e la loro adeguatezza a fronteggiare malattie psiologiche e psichiche come quella di cui soffre Mercadante. Un compito difficile, che uno dei due esperti nominati dal Tribunale non si e' sentito di affrontare e oggi ha comunicato la propria rinuncia. I Pm Domenico Gozzo e Nino Di Matteo, dal canto loro, hanno chiesto al Tribunale del Riesame di revicare l'ordinanza precedente e di annullare dunque l'accertamento. I giudici si sono riservati la decisione.
Fonte: agi.it
Nuovo libro di Orlando
L'On. Orlando ha illustrato come la mafia si stia evolvendo, mantenendo si le tradizioni, ma allo stesso tempo si stia globalizzando adeguandosi ai tempi di oggi (parlando il linguaggio di oggi). Una lettura della mafia fatta con "valutazioni etiche e politiche e non solo giudiziarie e morali". Ed è proprio su questo che bisogna lavorare per sconfiggerla oltre che con le tradizionali leggi.
Di fronte alla nuova mafia bisogna trovare una nuova e adeguata reazione istituzionale, bisogna adeguare la legislazione e dar vita a un diverso senso comune. Se abbiamo certi candidati al Governo è perché in politica è assente un patto etico. Un popolo senza etica è un popolo analfabeta anche se istruito e civile. L'Italia dei Valori ha pertanto iniziato un processo volto a ricreare le condizioni affinché nel mondo della politica in primis vi siano delle regole etiche e comportamentali che vadano oltre quelle morali e legali.
Fonte: il quotidiano
Ferrauto parla...
Il colpo di scena l'ha annunciato il pubblico ministero della Dda Roberto Condorelli, al processo che si è tenuto ieri nell'aula bunker proprio contro Cordaro, comparso dinanzi il Tribunale collegiale presieduto da Giacomo Montalbano, con a latere i giudici Gilda Lo Forti e Stefano Zammuto.
Verbali, ha anticipato il magistrato della Dda, in cui Ferrauto racconta delle «novità» sul ruolo di Cordaro nelle cosche nissene e all'interno della famiglia mafiosa di San Cataldo.
Nient'altro ha voluto aggiungere il sostituto Condorelli, se non che a breve si riserverà di depositare quei verbali composti da decine di pagine in cui la "gola profonda" Ferrauto tira in ballo Salvatore Cordaro (difeso dall'avvocato Gianluca Amico). Peraltro Ferrauto, dopo essere stato scarcerato per l'operazione «Free town», si era trasferito a vivere nella vicina San Cataldo, dopo che ha avuto imposto dalla magistratura il divieto di soggiorno a Caltanissetta.
Tornando al processo che vede imputato Cordaro di mafia, nell'udienza di ieri al cospetto del collegio giudicante sono stati chiamati a deporre i collaboranti Angelo e Liborio Di Dio, padre e figlio di Enna, che hanno detto di aver conosciuto Cordaro, mentre nella prossima udienza che si terrà a gennaio sempre nell'aula bunker del "Malaspina", sfilerà il pentito Filippo Speziale, anche lui di Enna.
Fonte: La Sicilia
Quando incontrava Provenzano...
"Provenzano" ricorda Massimo, a sua volta condannato per riciclaggio e intestazione fittizia dei beni, "si faceva chiamare ingegnere Loverde, era l'unico che mio padre incontrava senza appuntamento e riceveva in pigiama...". Ciancimino junior parla con Panorama delle trattative segrete ("ma nessuno mi ha mai interrogato su questo") avviate dai carabinieri con l'ex sindaco quando era rinchiuso a Rebibbia: "Falcone si fece avanti con me per aprire un dialogo, voleva che facessi capire a mio padre che era il momento del dialogo. Poi, dopo la strage di Capaci, il capitano De Donno incontro' mio padre per tutta l'estate del 1992.
Una volta De donno mi consegno' la piantina di Palermo e un elenco di utenze telefoniche presumibilmente in uso a Toto' Riina: mio padre avrebbe dovuto segnare la zona e indicare i numeri. Dopo una settimana riconsegnai tutto con indicato il quartiere di viale Regione Siciliana e dissi: "Li' dovete cercare Riina".
Fonte: agi.it
75 mila euro al giorno
"Siamo consapevoli - ha sottolineato ancora il sottosegretario - che la Sicilia sta vivendo un momento straordinario per l'incredibile efficacia delle azioni delle forze di polizia, dei magistrati e dei prefetti". Rosato ha quindi sottolineato l'importanza degli arresti compiuti negli ultimi mesi e dell'azione di contrasto alla mafia portata avanti dalla Fai, dall'associazionismo e dai vertici di Confindustria Sicilia.
Rosato ha anche reso noto che nel 2007 in Italia c'è stato un incremento del 5.59% delle denunce per estorsione e del 14.03% di quelle per usura rispetto all'anno precedente. "La Conferenza - ha spiegato il prefetto di Palermo Giosuè Marino - è stata l'occasione per fare il punto sull'attività svolta dai minipool antiracket e antiusura istituiti presso le Prefetture e abbiamo discusso, anche con i rappresentanti delle associazioni, delle attività legate alla prevenzione dei fenomeni estorsivi".
"Nel 2007 - ha spiegato Lauro - il Fondo di solidarietà per le vittime del racket ha erogato 25 milioni 800 mila euro. Di questa cifra, sei milioni sono andati alla Sicilia. A Queste somme si aggiungono poi i 70 milioni erogati a Fondazioni, associazioni e Confidi per attività di prevenzione. Ieri sera inoltre il ministro dell'Economia ha firmato un decreto che destina altri 109 milioni al fondo di solidarietà per il 2008".
13/12/2007
Fonte: La Sicilia
Sei milioni di euro di confische
I giudici della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, hanno emesso il provvedimento su richiesta del procuratore aggiunto Roberto Scarpinato e su iniziativa del direttore della Dia. La confisca riguarda la società Iti zuc srl, che è una importante azienda di produzione e distribuzione di caffè e zucchero, controllata, attraverso prestanome, dai boss Graviano.
14/12/2007
Fonte: La Sicilia
giovedì, dicembre 13, 2007
Omicidio Bellomo: svolta nelle indagini
Bellomo, incensurato, venne ucciso con modalita' tipicamente mafiose da un commando in moto, mentre a bordo della sua Opel "Tigra" stava raggiungendo la sua abitazione, nel quartiere residenziale di Macchitella. Malgrado le modalita' "mafiose" dell'esecuzione, la pista del crimine organizzato venne subito esclusa dagli inquirenti che, nelle ore successive al delitto, parlarono di ipotesi passionale e delitto per interessi economici. Fino ai giorni scorsi, quando le indagini hanno imboccato la svolta che ha portato all'arresto eseguito nella notte.
Fonte: La Repubblica
Forgione: basta rinvii
13/12/2007
Fonte: La Sicilia
Arresti a raffica nel messinese
Le indagini sono partite in seguito a tre casi di omicidio: il primo, quello di Franco La Boccetta, il 13 marzo del 2005 e poi di altri due, quelli di Sergio Micalizzi e Roberto Idotta, entrambi avvenuti il 29 aprile 2005 l'uno a distanza di poche ore dall'altro. Gli inquirenti sono arrivati alla conclusione che era iniziata una guerra di mafia tra i due clan emergenti a cui i tre appartenevano e che operavano in due quartieri di Messina.
All'operazione denominata 'Mattanza', che ha portato allo smantellamento definitivo dei due clan, hanno partecipato oltre un centinaio di carabinieri anche del reparto territoriale, del nucleo elicotteri di Catania e del nucleo cinofili del Comando provinciale di Palermo.
Investigatori della Dia di Trapani hanno eseguito otto ordinanze di custodia cautelare in carcere nell'ambito di una inchiesta che punta sulle cosche mafiose di Trapani e Castellammare del Golfo. L'operazione, denominata "Beton", riguarda anche la gestione di beni sequestrati alla mafia.
I provvedimenti sono stati emessi dal gip del tribunale di Palermo su richiesta del procuratore aggiunto, Roberto Scarpinato, e del sostituto Paolo Guido della Direzione distrettuale antimafia. Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori, finalizzato a favorire il riciclaggio di proventi di attività illecite e favoreggiamento aggravato. Sono ancora in corso numerose perquisizioni e sequestri di beni.
13/12/2007
Fonte: La Sicilia
mercoledì, dicembre 12, 2007
Slitta la sentenza
E' saltato pertanto il calendario già previsto per la fase finale del processo. I giudici della terza sezione del tribunale, presieduta da Vittorio Alcamo, non potranno ritirarsi in camera di consiglio, come previsto, il prossimo martedì 18 dicembre, perché quella udienza sarà ancora dedicata alla discussione.
L'avvocato Monaco, difensore di Michele Aiello, stamani non è riuscito a concludere l'arringa: parlerà ancora lunedì prossimo, e dopo di lui toccherà all'avvocato Loredana Greco. Poi sarà la volta dell'avvocato Nino Mormino, difensore di Cuffaro. Il presidente Alcamo ha pertanto annunciato che la sentenza slitta a gennaio.
12/12/2007
Fonte: La Sicilia
Mafia e coca...
Gli indagati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di cocaina. I provvedimenti sono stati firmati dal gip Fabio Licata su richiesta della procura distrettuale antimafia di Palermo.
Tra le persone arrestate vi sono personaggi di spicco di Cosa nostra palermitana e trapanese, già imputati in altri processi per estorsione e per aver favorito la latitanza di boss mafiosi. Per l'operazione, denominata "Wiston", sono stati impiegati oltre 300 carabinieri, elicotteri e unità cinofile antidroga.
Queste le persone arrestate: Antonino Arcuni, 39 anni; Daniele Barbera 27; Ignazio Barone 36; Giuseppe Blandino, 24; Andrea Bonaccorso 31; Giovanni Ciuro 30; Pietro Corrao 41; Matteo Cracolici 40; Fabio Cucina 36; Alfredo D'Amico 26; Antonino De Luca 37; Giovanni Di Salvo 36; Anna Di Stefano 36; Claudio Ferranti 28; Antonino Fragali 26; Maurizio Frischetto 34; Maria Gioè 36; Giovanni Grasso 32; Giuseppe Grippi 26; Leonardo Grippi 47; Pietro grippi 28; Giuseppe Ingrascì 46; Giovanni Lo Presti 40; Mario Lo Verso 38; Filippo Mansueto 46; Andrea Marino 31; Paolo Marino 51; Paolo Messina 50; Vincenzo Misuraca 51; Francesco Antonio Naselli 23; Rocco Pirrotta 331; Salvatore Pispicia 42; Jimenez Richard Regalado 33; Giuseppe Vaglica 38 e Francesco Vitale 34.
12/12/2007
Fonte: La Sicilia
Ordini dal carcere
L'inchiesta punta su alcune cosche mafiose, in particolare quella di Marsala, che secondo l'accusa avrebbe messo a segno intimidazioni e danneggiamenti anche nei riguardi di un consulente esterno dell'amministrazione comunale. Secondo l'accusa le direttive dal carcere sarebbero state date da Carlo Licari, che è raggiunto da uno dei cinque provvedimenti cautelari. Nell'ambito dell'operazione, la polizia ha arrestato quattro persone e notificato un quinto provvedimento in carcere.
I destinatari dei provvedimenti cautelari, tutti di Marsala, sono Nicola Carlo Licari, di 56 anni, già detenuto e sottoposto a giudizio per associazione mafiosa, in quanto accusato di aver favorito la latitanza dei boss Natale Bonafede e Andrea Mangiaracina; Michele Parrinello 43 anni, Giuseppe Fabrizio Parrinello di 33, Francesco Massimo Capizzo anche lui di 33 e Giuseppe Casano di 61. A quest'ultimo sono stati concessi gli arresti domiciliari. A vario titolo sono ritenuti responsabili di incendi, intimidazioni, danneggiamento ed estorsioni consumate ai danni di operatori economici marsalesi.
12/12/2007
Fonte: La Sicilia