martedì, gennaio 26, 2010

I veri giornalisti...

Palermo. Il gruppo siciliano dell'Unci - Unione nazionale cronisti italiani - ha ricordato il sacrificio del giornalista del Giornale di Sicilia Mario Francese a 31 anni dall'omicidio, avvenuto la sera del 26 gennaio 1979 a Palermo, in viale Campania, mentre Francese rincasava. La cerimonia si è svolta davanti alla lapide che ricorda l'assassinio, collocata dall'Unci sul luogo dell'agguato. "Non ci stancheremo mai di ricordare quei cronisti come Mario Francese, che nell'Isola - ha detto il presidente dell'Unci Sicilia, Leone Zingales - sono stati uccisi soltanto perché facevano il proprio mestiere con coraggio, raccontando i fatti con professionalità, rigore e trasparenza. Il loro ricordo e il loro impegno devono rappresentare un vero e proprio testamento etico-morale per le giovani generazioni e per tutti quei cittadini che ogni giorno contrastano la mafia e l'illegalità con lo stesso impegno e coraggio di Francese e degli altri cronisti uccisi dalla mafia, dalle altre forme di criminalità organizzata e dal terrorismo". Alla cerimonia, alla quale hanno presenziato la vedova e i figli di Francese, Giulio, Fabio e Massimo, hanno partecipato il vicesindaco di Palermo, Francesco Scoma, che ha deposto una corona di fiori davanti al cippo commemorativo, il prefetto Giancarlo Trevisone, il questore Alessandro Marangoni, il comandante regionale della Guardia di finanza, generale Domenico Achille, il vicecomandante regionale dell'Arma dei carabinieri, colonnello Domenico Tucci, il comandante provinciale delle Fiamme gialle, generale Carlo Ricozzi, i vertici della Dia della Sicilia occidentale, il procuratore aggiunto Ignazio De Francisci, il comandante della polizia municipale di Palermo, generale Serafino Di Peri, il presidente dell'Ordine dei giornalisti di Sicilia, Franco Nicastro e i componenti del Consiglio direttivo dell'Unci Sicilia. Giulio Francese, nel suo intervento, ha ricordato il sacrificio del padre e anche quello del fratello Giuseppe, morto qualche anno fa dopo avere speso "mille energie - ha detto - nella ricostruzione processuale della vicenda. Mio fratello non ha retto al dolore della morte di papà".
Fonte: gds

Beccato Privitera

Roma, 25 gen. - Si trovava in un casolare nelle campagne del siracusano il latitante Orazio Privitera, 47 anni, arrestato questa mattina dai poliziotti della Questura di Catania. L'uomo, sfuggito lo scorso ottobre all'operazione antimafia Revenge, è stato rintracciato dagli agenti della squadra mobile in uno sperduto casolare, attiguo ad una porcilaia e protetto da un sistema di videosorveglianza, non lontano dal confine con la provincia di Catania.
Privitera, considerato tra le figure di maggior spicco del contesto mafioso della provincia di Catania e della Sicilia orientale, e' destinatario di una ordinanza di custodia cautelare per essere tra i promotori del clan Cappello e soprattutto della frangia piu' violenta di questa cosca, quella riferibile al gruppo dei Carateddi. Il latitante, allevatore di professione, ha gia' scontato condanna per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti e ha subito per varie cause fino ad oggi oltre 20 anni di detenzione carceraria.
Fonte: Adnkronos

Il malore di Gambino...

PALERMO - Il boss Rosario Gambino ha avuto oggi un malore in "diretta", durante la videoconferenza del processo che lo vede imputato per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, in uno stralcio del processo Pizza Connection in corso davanti alla terza sezione del tribunale di Palermo. Gambino, che da tempo sostiene di essere malato e che dopo la sua espulsione dagli Usa ha già chiesto invano la scarcerazione per motivi di salute, ha preso la parola e ha detto di "avere il cuore che mi sale fino in gola. Più volte - ha aggiunto rivolgendosi al presidente Gaetano La Barbera - sono caduto per terra e mi sono fatto male. Chi è il responsabile di tutto questo?". Dopo questa dichiarazione, l'imputato si è steso per terra nella saletta della videoconferenza del carcere romano di Rebibbia ed è stato poi accompagnato in infermeria. L'udienza è stata aggiornata all'11 febbraio.
26/01/2010
Fonte: La Sicilia

Olocausto mafioso...

PALERMO, 26 GEN - Un'iniziativa per ricordare tutte le vittime dell' 'Olocausto mafioso' e' stata organizzata per domani 27 gennaio in Sicilia.La manifestazione, intitolata 'Vivi per Legalita'', vedra' come protagonisti alcuni giovani dell'Area penale provenienti dalla Sicilia, detenuti e non, che parteciperanno a un percorso on the road. Un tour della Legalita' che tocchera' alcuni luoghi simbolo della lotta alla mafia: dall'Albero Falcone al Palazzo di Giustizia di Palermo.
Fonte: ANSA

Ergastolo per Raccuglia

PALERMO - Condanna all'ergastolo per il boss di Altofonte Domenico Raccuglia. Era accusato dell'omicidio di Pietro Romeo, inghiottito dalla "lupara bianca" nel marzo del 1997. La sentenza è del giudice per l'udienza preliminare Mario Conte, che ha riconosciuto una provvisionale da 200mila euro in favore della moglie della vittima, Maria Rosa Di Matteo, che si era costituita parte civile con l'assistenza dell'avvocato Daniele Livreri. Proprio dalle dichiarazioni della vedova era scattata la riapertura dell'inchiesta. La donna aveva riferito ai pubblici ministeri Francesco Del Bene e Amelia Luise che, prima di scomparire nel nulla, il marito si era recato ad un appuntamento con Raccuglia. Poi sono arrivate le dichiarazioni di Giovanni Brusca a completare il quadro accusatorio. Secondo il pentito, Romeo sarebbe stato eliminato per il suo tentativo di prendere il potere nel mandamento di San Giuseppe Jato, approfittando della latitanza di Raccuglia. Pietro Romeo era fratello di Nicolò, l'imprenditore assassinato nelle scorse settimane nelle campagne fra Corleone e Monreale.
26/01/2010
Fonte: La Sicilia

lunedì, gennaio 25, 2010

Aumentata la pena a Cuffaro

PALERMO - L'ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro, ora senatore dell'Udc, è stato condannato, in appello, a 7 anni di reclusione (2 anni di pena in più rispetto al primo grado) per favoreggiamento aggravato dall'avere agevolato Cosa nostra e rivelazione di segreto istruttorio. Il processo è stato celebrato davanti la terza sezione della Corte d'appello di Palermo. L'aggravante era stata negata nel primo giudizio. "So di non essere mafioso e di non avere mai favorito la mafia. Avverto, da cittadino, la pesantezza di questa sentenza che, però, non modifica il mio percorso politico", ha detto Cuffaro. "Ciò non vuol dire che le sentenze non debbano essere rispettate dal momento che sono espresse dalle istituzioni". "So di non aver mai voluto favorire la mafia - dice Cuffaro - e di essere culturalmente avverso a questa piaga, come la sentenza di primo grado aveva riconosciuto. Prendo atto però della sentenza della corte di appello. In conseguenza di ciò lascio ogni incarico di partito. Mi dedicherò, con la serenità che la Madonna mi aiuterà ad avere, alla mia famiglia ed a difendermi nel processo, fiducioso in un esito di giustizia". La terza sezione della corte d'appello di Palermo ha anche riformato le pene inflitte all'ex manager della sanità privata Michele Aiello, condannato a 15 anni e 6 mesi contro i 14 del primo grado per associazione mafiosa e ha modificato in concorso esterno all' associazione mafiosa l'accusa di favoreggiamento contestata all'ex maresciallo del Ros Giorgio Riolo, condannandolo a 8 anni di carcere. In primo grado Riolo aveva avuto 7 anni. La Corte ha dichiarato prescritto il reato contestato ad Adriana La Barbera per morte dell'imputata. Per il resto la sentenza di primo grado è stata interamente confermata.
GLI ALTRI IMPUTATI. Queste le condanne confermate per gli altri imputati: il radiologo Aldo Carcione (accusato di rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio e accesso abusivo al sistema informatico della Procura), 4 anni e 6 mesi; l'ex segretaria della Procura Antonella Buttitta (accesso abusivo al sistema informatico della Procura e rivelazione ed utilizzazione di segreto d'ufficio), 6 mesi; Roberto Rotondo (favoreggiamento), un anno; Giacomo Venezia (favoreggiamento), 3 anni; Michele Giambruno (truffa e corruzione), 9 mesi; Salvatore Prestigiacomo (corruzione), 9 mesi; Angelo Calaciura (corruzione), 2 anni; Lorenzo Iannì (truffa) 4 anni e 6 mesi.La conferma della condanna al pagamento di 400 mila euro è stata inflitta alla società Atm - Alte Tecnologie Medicalì (truffa). A 600 mila euro di multa è stata invece condannata la società 'Diagnostica per immagini Villa Santa Teresà (truffa). Le due società erano state sequestrate ad Aiello e ora sono in amministrazione giudiziaria."Da quanto emerge dal dispositivo le nostre richieste sono state tutte accolte", commenta il pg Daniela Giglio, che ha sostenuto l'accusa al processo. "La corte - ha aggiunto - ha rivalutato il materiale processuale con una meditazione ulteriore che è poi l'essenza del processo di secondo grado".
23/01/2010
Fonte: La Sicilia

Bellissimo gesto...

CALTANISSETTA, 24 GEN - La squadra Nissa Calcio ha dedicato il pareggio esterno a Rosarno ai giudici di Caltanissetta e all'ex sindaco di Gela. 'Il risultato utile conquistato in trasferta viene dedicato ai magistrati Sergio Lari, Domenico Gozzo e Giovambattista Tona degli Uffici giudiziari di Caltanissetta e all'ex sindaco di Gela Rosario Crocetta, - afferma una nota - pesantemente minacciati dalla mafia che aveva programmato gravi attentati nei loro confronti'.
Fonte: ANSA

Riapre l'inchiesta su Ciancimino

PALERMO - Su richiesta della Procura di Palermo il gip ha disposto la riapertura dell'inchiesta per associazione mafiosa a carico di Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco di Palermo, Vito. "Ho piena fiducia nei magistrati - ha commentato l'indagato che, da mesi, rende dichiarazioni ai magistrati sulla trattativa tra Stato e mafia - È giusto che facciano luce sul ruolo che ho avuto in certe vicende. Non faccio parte di quelli che gridano al complotto: i pm lavorino serenamente, io sono tranquillo e dimostrerò che, dai primi contatti con i carabinieri fino ad oggi, ho sempre contrastato la mafia". L'indagine, archiviata negli anni scorsi perchè i pm sostennero che il figlio di don Vito agiva su indicazioni del padre e non era "pienamente consapevole che la sua attività si inserisse in quella più complessiva dell'associazione mafiosa", è stata riaperta a seguito delle nuove ammissioni del testimone. Massimo Ciancimino, infatti, ha raccontato, tra l'altro, di avere consegnato i pizzini scritti dal boss Bernardo Provenzano al padre e di avere custodito le lettere e altri documenti dell'ex sindaco in una cassaforte di casa. Ammissioni che potrebbero far pensare a un suo ruolo attivo nelle vicende di cui il padre era protagonista. "Si vedrà - ha aggiunto Ciancimino - quale sia stato il mio contributo a certe vicende visto che mi limitavo a portare buste chiuse di cui solo ora ho visto il contenuto. Io, comunque, resto a disposizione per ogni chiarimento".
22/01/2010
Fonte: La Sicilia

Le condanne del processo "Addiopizzo"

Palermo, 22 gen. - Pene per complessivi 141 anni di carcere sono state inflitte a 13 dei 17 imputati del processo denominato 'Addio Pizzo' di Palermo che ha visto alla sbarra boss e gregari del pizzo di San Lorenzo.
La sentenza è stata emessa poco prima della mezzanotte di ieri, dopo quattro giorni di Camera di consiglio, dai giudici della seconda sezione del Tribunale di Palermo, presieduta da Bruno Fasciana, giudici a latere Tanja Hmeljak e Stefania Brambille.
Assolti i due commercianti che avevano negato davanti ai giudici di aver pagato il pizzo a Cosa nostra. Per loro i pm avevano chiesto la pena di due anni ciascuno. Assolti anche altri due imputati per i quali erano stati chiesti rispettivamente 18 e 12 anni di reclusione.
Le pene più pesanti sono state inflitte ai boss mafiosi Salvatore e Sandro Lo Piccolo: 30 anni a testa, quanti chiesti dalla Procura di Palermo alla fine della requisitoria.
I magistrati della Dda che hanno rappresentato l'accusa nel processo, i pm Marcello Viola, Gaetano Paci, Francesco Del Bene e Annamaria Picozzi, del pool coordinato dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia, avevano chiesto oltre due secoli di carcere.
Riconosciuti anche i danni alle associazioni antiracket di Palermo che si erano costituite parti civili: 'Addio Pizzo', da cui prende il nome il processo, 'Sos Impresa', Comune e Provincia di Palermo e altri commercianti che avevano denunciato il pizzo.
La sentenza "è la dimostrazione che il nostro impianto accusatorio ha retto", commenta il pm della Dda di Palermo Marcello Viola. "Il Tribunale ha convalidato con la sentenza di questa notte il materiale probatorio, a partire dai 'pizzini' che avevamo trovato ai Lo Piccolo, padre e figlio". E' lo stesso magistrato a ricordare che già altri cinquanta imputati erano stati condannati l'estate scorsa in un altro stralcio del processo con le stesse accuse.
Presenti alla sentenza anche numerosi parenti degli imputati, che hanno atteso per oltre sei ore la decisione della seconda sezione del Tribunale.
Addiopizzo, il comitato nato alcuni anni fa a Palermo dall'idea di alcuni giovani contro il racket del pizzo, ha intanto fatto sapere che non si costituirà più parte civile nei processi per mafia o per estorsione "se non si costituiranno parte civile anche le persone offese, cioè le vittime del racket e del pizzo''.
Fonte: adnkronos

Manifestazione pro magistrati

CALTANISSETTA - Sono scesi in piazza in centinaia offrendosi provocatoriamente di scortare i magistrati a rischio: studenti, politici di ogni colore, rappresentanti delle associazioni di categoria. Una manifestazione di solidarietà verso giudici e pm di Caltanissetta che, secondo le ultime inchieste, Cosa nostra aveva deciso di eliminare. "Sono molto emozionato - ha commentato il procuratore nisseno Sergio Lari, nel mirino della mafia insieme al gip Gianbattista Tona e all'aggiunto Domenico Gozzo - Questa iniziativa mi tocca molto e segna una novità rispetto al passato: prima l'opinione pubblica si mobilitava, purtroppo, soltanto davanti a eventi tragici come le stragi. Ora, invece, l'appoggio e il sostegno ai giudici che segnano importanti risultati nella lotta alla mafia si manifesta senza attendere eventi luttuosi". L'iniziativa, che si è svolta in piazza Falcone e Borsellino, davanti al palazzo di giustizia, è stata organizzata dall'associazione Scorta Civica, costituita da esponenti di Confindustria e dal Provveditorato agli Studi Ai magistrati Lari e Tona sono state consegnate anche due agende rosse, simbolo dell'omonimo movimento che chiede di fare luce sui tanti misteri che avvolgono ancora l'uccisione del giudice Paolo Borsellino. L'agenda rossa era il diario usato da Borsellino sparito subito dopo la strage. L'anno scorso la Procura di Caltanissetta ha riaperto l'indagine sull'eccidio di via D'Amelio.
23/01/2010
Fonte: La Sicilia

giovedì, gennaio 21, 2010

Giusto qualche bene...

PALERMO, 20 GEN - I militari della Guardia di Finanza hanno sequestrato beni per oltre 5 milioni di euro a persone vicine alle cosche palermitane.In particolare, avrebbero gestito il racket per conto dei capimafia Salvatore e Sandro Lo Piccolo. Tra i beni finiti sotto sequestro: 13 appartamenti, due ville, 10 automobili, terreni, denaro per 260 mila euro, due ditte, quote societarie e numerosi conti correnti.

Fonte: ANSA


Elenco beni (fonte gds)










Si divide l'iter dei "cognati"

MILANO, 19 GEN -Si divide la strada processuale di Toto' Riina e del cognato Leoluca Bagarella imputati a Milano con l'accusa di 6 omicidi tra l'87 e '92. Mentre quasi tutti gli imputati, tra cui Bagarella e Giovanni Brusca, hanno scelto infatti di essere giudicati con rito abbreviato, il 'capo dei capi' ha deciso di proseguire con l'udienza preliminare che si terra' il 22 gennaio. Il processo con il rito abbreviato comincera' il 25 febbraio.
Fonte: ANSA

Gli Emmanuello lo odiano...

GELA (CALTANISSETTA) - "Posso riferire che è ancora attuale il progetto di attentato alla vita dell'ex sindaco di Gela, Crocetta". A dichiararlo agli investigatori, alla fine dello scorso ottobre, uno dei collaboratori di giustizia, Crocifisso Smorta, già esponente di spicco del clan Emmannuello di Cosa nostra gelese. "Nel corso del 2006 - racconta Smorta - Daniele Emmanuello (nella foto), in presenza di Carmelo Bilizzi, disse che Crocetta doveva essere ucciso e che l'esecuzione doveva essere rimandata al momento in cui questi avesse ultimato la carica di sindaco che al tempo rivestiva". "Il livore che l'Emmanuello manifestava continuamente nei confronti del Crocetta - puntualizza, il pentito - era motivato dalla attività antimafia svolta puntigliosamente dal sindaco nel corso degli anni oltre che da questioni personali: il licenziamento della moglie del boss e il rigetto della domanda dei genitori per una casa popolare". I sentimenti di odio e di vendetta verso l'ex sindaco, Rosario Crocetta, sarebbero stati condivisi da tutti gli appartenenti alle famiglie mafiose, al punto che, secondo Smorta, "quando Emmanuello fu ucciso, Crocetta venne additato in seno a Cosa nostra quale responsabile (morale) dell'omicidio". "Per uccidere Crocetta - dice Smorta - si aspettava che qualcuno del clan fosse scarcerato". La scelta era ricaduta su Francesco Vella, imputato di secondo piano in uno dei filoni del processo antiracket 'Munda Mundis', che si celebrava in corte d'appello a Caltanissetta. "Si era quasi certi - ricorda, Smorta - che quest'ultimo potesse essere di lì a poco scarcerato e proprio per tale ragione si cercava di ragionare insieme sulle cose più urgenti da 'trattarè una volta che il Vella avesse riacquistato la libertà . L'aspettativa poi andò delusa in quanto il giudice d'appello gli confermò la condanna di primo grado".
20/01/2010
Fonte: La Sicilia

Dovevano uccidere Crocetta

GELA (CALTANISSETTA) - Le cosche di Gela erano pronte a uccidere l'ex sindaco Rosario Crocetta, attuale parlamentare europeo del Pd, e una cugina del Gip del tribunale di Caltanissetta, Giovanbattista Tona, che i mafiosi credevano fosse la sorella del magistrato per la forte somiglianza tra i due. Secondo le intercettazioni ambientali effettuate dalla polizia, a partire da oggi, ogni giorno poteva essere quello giusto per fare scattare l'agguato, che le cosche preparavano da tempo per vendetta. Il piano criminale è stato sventato grazie alle indagini della squadra mobile di Caltanissetta e del commissariato di Gela, coordinati dalla Dda nissena, avviate dopo l'arrivo dal carcere di una lettera rivelatrice, fatta pervenire da un detenuto agli inquirenti. Così, durante la notte, è scattata l'operazione "Extrema Ratio", con la notifica in carcere di cinque ordinanze di custodia cautelare ad altrettanti esponenti di spicco della mafia di Gela, già in stato di detenzione per altri reati. I cinque provvedimenti restrittivi e la denuncia di correità nei confronti di altri quattro imputati (tutti detenuti), sono stati emessi dal gip, Marcello Testaquadra, su richiesta della Dda di Caltanissetta, con l'accusa di associazione mafiosa. Un fascicolo contenente le risultanze dell'indagine "Extrema Ratio" sarà inviato alla Dda di Catania, competente ad indagare e decidere, nell'ipotesi di un attentato ai danni di un magistrato di Caltanissetta. L'ex sindaco di Gela, Rosario Crocetta, è da lungo tempo nel mirino della mafia, per il forte impegno contro racket e usura e per i protocolli di legalità adottati negli appalti di opere pubbliche e nelle forniture comunali. Già nel 2003 la Stidda aveva deciso di ucciderlo, assoldando un killer lituano. Nel 2006, altra condanna a morte, stavolta di Cosa nostra. Crocetta aveva licenziato la moglie di Daniele Emmanuello da dipendente del Comune e aveva respinto la domanda per le case popolari presentata dai genitori. "Offese", queste, che il boss non gli perdonò mai, fino a quando non cadde sotto il fuoco della polizia, nel dicembre del 2007, a Enna, durante le operazioni della sua cattura. Anche nel 2009 fu sventato un piano per uccidere Crocetta. Le armi erano state fatte arrivare da Busto Arsizio, dove vive una folta colonia di gelesi. La vendetta trasversale contro il giudice, Giovanbattista Tona, invece sarebbe stata decisa dalle cosche gelesi perchè il magistrato, in qualità di gup in sede di giudizio abbreviato sta seguendo con il suo consueto impegno professionale una tranche importante del processo "Genesis" a carico di tutto il "gruppo di fuoco" del clan Emmanuello (durante gli anni di piombo della faida '88-'92) compresi i fratelli del boss, Davide e Alessandro Emmanuello. Non sono state ancora rivelate le modalità degli agguati con i quali la mafia avrebbe dovuto colpire Crocetta e la cugina (scambiata per la sorella) del giudice Tona, che è vice direttore in una banca di Mussomeli. In questi giorni, sia all'ex sindaco, Rosario Crocetta, che al giudice, Giovanbattista Tona, sarebbe stata potenziata la scorta.
20/01/2010
Fonte: La Sicilia

Operazione "extrema ratio"

Gela. Ecco i nomi delle persone arrestate e di quelle denunciate dalla squadra mobile nissena, nell'ambito dell'operazione antimafia "Extrema Ratio", portata a termine da magistratura e polizia. Gli arrestati sono Francesco Vella, di 35 anni; Nicola Casciana, di 56; Massimo Carmelo Billizzi, di 34 anni; Paolo Portelli, di 41; Domenico Vullo, di 34 anni.I denunciati, raggiunti da avviso di garanzia, sono Emanuele Argenti (di Guido), di 44 anni; Salvatore Terlati, di 35, Alessandro Gambuto, di 34; Emanuele Bassora, di 35. Gli imputati sono tutti di Gela e tutti in stato di detenzione. Dovranno rispondere per ora di associazione mafiosa (416 bis). L'indagine si è avvalsa delle rivelazioni di un pentito, Crocifisso Smorta, il quale faceva parte dello stesso sodalizio mafioso che aveva emesso la sentenza di morte contro Crocetta e contro quella che credevano la sorella di Tona. Determinante però si è rivelata la collaborazione di un detenuto nisseno (in carcere ad Agrigento e in altri istituti di pena, dove ha incontrato mafiosi gelesi e ricevuto confidenze), autore della lettera dalla prigione che ha fatto scattare l'inchiesta. A lui Emanuele Argenti (di Guido) avrebbe detto di riferire a un proprio accolito, Francesco Vella, che "la cosa (non specificata, dicono gli inquirenti, ma, si sospetta, il duplice agguato) poteva essere fatta a partire dal 20 gennaio 2010". Per magistratura e polizia "é la dimostrazione che nonostante la carcerazione, essi (gli affiliati al clan Emmanuello, ndr) siano rimasti pienamente operativi a gestire le attività illecite e ritorsive del clan". Un fascicolo contenente le risultanze dell'indagine "Extrema Ratio" sarà inviato alla Dda di Catania, competente ad indagare e decidere, per "legittima suspicione", nell'ipotesi-attentato ai danni di un magistrato di Caltanissetta.
Fonte: gds

Il solito Graso "cuor di leone"...

PALERMO, 20 GEN - Non vi sono elementi concreti in merito all'eventuale persistente collegamento con la criminalita' organizzata da parte di Bruno Contrada. Lo afferma il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. Le condizioni di salute di Contrada - aggiunge - inducono a ritenere 'attenuata la sua pericolosita' sociale'. Cosi' Grasso ha espresso una valutazione al Tribunale di sorveglianza di Palermo che il prossimo 26 gennaio dovra' decidere sulla proroga o meno degli arresti domiciliari per Contrada.
Fonte: ANSA

Arrestato affiliato

NICOLOSI (CATANIA) - Aldo Pappalardo, di 22 anni, di professione cuoco, ritenuto affiliato al clan Santapaola è stato arrestato da carabinieri a Nicolosi per detenzione illegale di arma da fuoco. Nella sua auto militari dell'Arma hanno trovato e sequestrato un rivoltella calibro 38 special con matricola abrasa perfettamente funzionante. La pistola sarà sottoposta a rilievi di carattere tecnico per risalire alla matricola originaria e a esami balistici per verificare se è stata utilizzata per compiere reati.
20/01/2010
Fonte: La Sicilia

lunedì, gennaio 18, 2010

Richiesta respinta...

Palermo, 15 gen. - I giudici della Corte d'Appello di Palermo dopo un'ora e mezzo di Camera di Consiglio hanno rigettato le richieste avanzate stamattina dalla difesa del senatore Marcello Dell'Utri, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, respingendo quindi l'istanza di improcedibilita' presentata dai legali. I legali avevano chiesto l'acquisizione di una video intervista al giudice Paolo Borsellino il 21 maggio '92.
In quell'intervista, Borsellino avrebbe parlato di un'indagine a carico di Marcello Dell'Utri condotta dall'allora giudice istruttore Leonardo Guarnotta, lo stesso che poi ha presieduto il Tribunale che lo ha condannato a 9 anni di carcere. Per la difesa un vizio processuale che avrebbe dovuto bloccare il dibattimento in corso. Ma la Corte d'Appello, presieduta da Claudio Dall'Acqua, ha rigettato la richiesta perche' ritenuta ''irrilevante''. Il processo e' stato rinviato al 12 febbraio.
Fonte: Adnkronos

Arrestato reggente dei Della Noce

Palermo, 16 gen. - Non ha avuto molto tempo per fare il boss e per riorganizzare la cosca dopo i numerosi arresti nel capoluogo siciliano. Il nuovo reggente della "famiglia" mafiosa della Noce, da sempre tra le piu' importanti di Cosa nostra palermitana, Gugliemo Ficarra, 50 anni, e' stato raggiunto da un provvedimento di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Direzione distrettuale antimafia ed eseguito dai poliziotti della Squadra mobile di Palermo. Dalle indagini condotte dalla polizia e dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, e' emersa la responsabilita' di Ficarra, accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso, in riferimento, soprattutto, alla gestione dell'attivita' estorsiva e al possesso di armi da fuoco, ma anche in relazione alle pressioni esercitate su istituzioni e pubblica amministrazione. Tra gli episodi raccontati dai dichiaranti, a testimonianza dell'influenza del boss e del suo essere diventato un riferimento nella zona, l'interessamento per dirimere una controversia tra il titolare di un esercizio commerciale di corso Finocchiaro Aprile e una ex dipendente. Quest'ultima, non riuscendo ad ottenere il denaro dovutole a conclusione del suo rapporto professionale, attraverso una serie di conoscenti, e' riuscita a coinvolgere proprio Ficarra che, da tempo, si occupava di riscuotere il pizzo dallo stesse esercente, proprio per conto della famiglia della Noce. L'intervento di Ficarra sul titolare e' risultato efficace e risolutivo in ordine alla concessione della "liquidazione". La possibilita' che, attraverso alcuni complici, potesse corrompere o intimidire persone informate sui fatti, nonche' il fondato pericolo di fuga, ha accelerato le indagini fino all'adozione del fermo e la sua custodia in carcere, a disposizione dell'autorita' giudiziaria.
Fonte: AGI

Domani sentenza "Addiopizzo"

PALERMO - Slitta a domani la sentenza del processo Addiopizzo. I giudici della seconda sezione del tribunale di Palermo che celebrano il dibattimento a carico di 17 capimafia ed esattori del racket delle cosche mafiose di San Lorenzo e Tommaso Natale, hanno fatto sapere che solo domattina renderanno nota l'ora della lettura del verdetto. Il collegio è entrato in camera di consiglio questa mattina al bunker del carcere Ucciardone e inizialmente si pensava che la decisione potesse arrivare già in giornata. Alla sbarra 17 imputati tra i quali i boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, Vittorio Bonura e Massimo Troia. Rispondono, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione aggravata e danneggiamento. Tra gli imputati anche un commerciante Maurizio Buscemi accusato di favoreggiamento: negando di avere subito richieste estorsive avrebbe avvantaggiato Cosa nostra. Oltre 60 i taglieggiamenti contestati agli imputati. Tra le estorsioni commesse anche quella all'imprenditore Rodolfo Guajana che vide distrutta la sede della sua azienda di ferramenta nel luglio del 2007. Una sessantina di indagati nell'ambito del procedimento Addiopizzo è già stata giudicata in abbreviato.
18/01/2010
Fonte: La Sicilia

giovedì, gennaio 14, 2010

Sentenza "Gotha"

Palermo. La IV sezione della corte d'appello di Palermo ha inflitto quasi 500 anni di carcere a 41 dei 42 imputati del processo denominato Gotha che vedeva alla sbarra capimafia e gregari di Cosa nostra. Uno solo degli accusati è stato assolto. Il verdetto è stato emesso dopo quasi 12 ore di camera di consiglio. Il collegio, presieduto da Rosario Luzio, ha utilizzato il meccanismo della continuazione con precedenti sentenze per una ventina di imputati: con la conseguenza che la pena è stata aumentata perché rideterminata in collegamento ad altre condanne riportate in processi diversi. Su 42 imputati l'unico assolto è Nicolò Milano, che in primo grado aveva avuto 7 anni. Il boss Nino Rotolo, con la continuazione, ha avuto 9 anni in più e in totale dovrà scontare 29 anni per mafia ed una serie di estorsioni. Franco Bonura, altro membro della triade che comandava su Cosa nostra palermitana, 23 anni (tre in più del primo grado). Ventisette anni è la pena rideterminata per l'altro boss di Brancaccio Giuseppe Savoca, 20 per Pierino Di Napoli, che in primo grado aveva avuto 15 anni. Condannati anche Gerlando Alberti senior (8 anni, 5 mesi e 20 giorni) e Filippo Annatelli, 8 anni: entrambi erano stati assolti dal Gup Piergiorgio Morosini, il 21 gennaio 2008, con la prima sentenza. Pena ridotta da 15 a 12 anni per il boss Gianni Nicchi, erede di Rotolo: al superlatitante arrestato il 5 dicembre i giudici hanno fatto lo sconto. Tra 4 e 17 anni le altre condanne.I particolari del processo e tutte le foto dei condannati sul Giornale di Sicilia in edicola oggi.
Fonte: gds.it

Colla nei lucchetti in corso Tukory

Palermo, 13 gen. - Ancora colla nei lucchetti in tre negozi di Palermo, l'inequivocabile segnale del racket delle estorsioni. Questa volta, sono stati danneggiati tre negozi che si trovano in Corso Tukory: 'Tribu' Arianna', 'Gioielleria Valenti' e 'Frequenza Uomo'. A denunciare i fatti sono stati gli stessi commercianti che, all'apertura dei negozi, hanno trovato le serrature dei lucchetti intrisi di attack. Sui tre episodi indaga la polizia di Stato.
Fonte: Adnkronos

Padre e figlio decidono di collaborare

CALTANISSETTA - Gioacchino e Salvatore Mastrosimone, padre e figlio, arrestati il 28 dicembre scorso dai carabinieri nell'operazione "Nuovo mandamento", avrebbero avuto un ruolo anche in alcuni omicidi compiuti in provincia di Palermo dalle cosche locali. Sono gli stessi Mastrosimone ad autoaccusarsi: in particolare Salvatore Mastrosimone avrebbe fatto da autista al commando di killer entrato in azione in almeno quattro occasioni. L'apporto dei Mastrosimone e di una loro mancata vittima, Giuseppe Taverna (nonchè genero e cognato), che stanno collaborando nel ricostruire la geografia criminale e mafiosa delle famiglie dell'entroterra nisseno (San Cataldo, Sommatino, Marianopoli) si sta rivelando prezioso. "A breve - sostengono gli inquirenti - potrebbe consentire di far luce su nuovi episodi e portare ad importanti sviluppi investigativi". Subito dopo l'arresto, Taverna e i Mastrosimone hanno deciso di collaborare. Con le loro dichiarazioni starebbero delineando anche i rapporti di forza in provincia di Caltanissetta nelle famiglie superstiti, gli obiettivi che si prefissava questa cellula emergente di Cosa Nostra consentendo importanti riscontri investigativi.
14/01/2010
Fonte: La Sicilia

2 condanne per estorsione

PALMA DI MONTECHIARO (AGRIGENTO) - Angelo Pace e Domenico Morgana, rispettivamente di 34 e 35 anni, sono stati condannati a 3 anni e 4 mesi di reclusione per l'estorsione a un'impresa impegnata nell'adeguamento della scuola elementare D'Arrigo di Palma di Montechiaro. La sentenza è stata emessa dal giudice per le udienze preliminari del tribunale di Agrigento Stefano Zammuto. Il pm Gemma Miliani aveva chiesto, invece, la condanna a sei anni di reclusione. Pace e Morgana furono arrestati a Ferragosto dello scorso anno nell'ambito dell'operazione "Ultimatum" della polizia, dopo la denuncia dell'imprenditore edile Antonio Enzo Ferrigno, titolare dell'impresa Fae con sede a Mazzarino, nel Nisseno, che si era aggiudicato i lavori. Nel processo il Comune di Palma di Montechiaro si è costituito parte civile.
14/01/2010
Fonte: La Sicilia

Arrestato esponente Rinzivillo

Gela. Giovanni Saluci, 60 anni, indicato come esponente di spicco del clan Rinzivillo collegato a Cosa nostra è stato arrestato a Gela da carabinieri del comando provinciale di Caltanissetta. L'uomo deve scontare una pena di quattro anni in esecuzione di un ordine per la carcerazione, emesso dalla Procura generale di Caltanissetta per associazione mafiosa, estorsioni e traffico di sostanza stupefacenti per fatti commessi a Gela, tra il 1995 ed il 2002. Ritenuto uno dei principali e più attivi esponenti del clan allora emergente "Rinzivillo- Trubia", per conto del quale era dedito ad estorsioni e traffico di sostanze stupefacenti, nel 1999, fu raggiunto anche da ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dalla Dda nissena.
Fonte: gds.it

Ciancimino jr racconta...

PALERMO - Vito Ciancimino, ex sindaco mafioso di Palermo, era convinto che dietro alle stragi del '92 ci fosse un'entità diversa da Cosa nostra. E' una delle rivelazioni del figlio Massimo contenuta in uno dei verbali di interrogatorio depositati agli atti del processo al generale dell'Arma Mario Mori, accusato di favoreggiamento aggravato. "Suo padre - gli chiede il pm - era convinto che dietro le stragi ci fosse qualcosa che andava al di là di Cosa nostra oppure no, per quello che le disse personalmente?". "Sì, al di là di Cosa nostra sicuramente - risponde Ciancimino -. Lui parlava ovviamente di uomini legati alle istituzioni, ma non so se si riferiva al signor Franco (un agente dei servizi con cui l'ex sindaco aveva rapporti n.d.r.), ma secondo mio padre era ancora qualcosa più alto". Ciancimino junior racconta anche che suo padre e l'esattore di Salemi Nino Salvo si incontravano durante la loro detenzione a Rebibbia sotto le docce. Incontri "anomali", visto che entrambi erano in isolamento, possibili grazie all'intervento di un agente dei Servizi segreti. "Lui - racconta Massimo Ciancimino riferendosi al padre - ha sempre detto e anche saputo che il tutto era avvenuto tramite l'intervento o diretto o di amicizie del signor Franco. Di fatto era avvenuto che durante le docce Nino Salvo, detenuto a Rebibbia, e mio padre, detenuto a Rebibbia, in seguito a un mandato di cattura del dottor Falcone, i due erano lasciati a parlare per 5-10 minuti. Si parlò dell'omicidio Dalla Chiesa e di un po' di tutto". Nel frattempo si è conclusa la riunione tra i pm di Palermo e quelli Caltanissetta che hanno anche discusso della posizione del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza e della possibilità di trasformare in definitivo il programma di protezione provvisorio, chiesto mesi fa dalle Procure siciliane e da quella di Firenze, attualmente in vigore. L'eventuale richiesta dei pm sarà inviata alla Dna per un parere e poi inoltrata alla commissione ministeriale che si occupa dei collaboratori di giustizia. La riunione sarebbe stata finalizzata anche a fare il punto delle inchieste dei due uffici che presentano diversi collegamenti: da quella sulla trattativa a quella sulle stragi del '92.
13/01/2010

Fonte: La Sicilia


PALERMO, 12 GEN - I Servizi Segreti avrebbero chiesto l'aiuto dell'ex sindaco di Palermo Ciancimino dopo la strage di Ustica nel 1980, afferma il figlio. Lo rivela ai pm della Dda di Palermo Massimo Ciancimino,figlio di don Vito. Sul DC9 dell'Itavia inabissatosi il 19/6 a Ustica Ciancimino Jr. spiega:'Mio padre mi raccontò' che già allora, il primo momento, si seppe della storia dell'aereo francese che per sbaglio aveva abbattuto il DC9 e che bisognava attivare un'operazione di copertura nel territorio'.

Fonte: ANSA

martedì, gennaio 12, 2010

Colpo al clan Cintorino

CATANIA - Duro colpo sferrato dalla Procura di Catania al clan Cintorino. I carabinieri stanno eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 32 presunti appartenenti alla cosca che opera nella riviera ionica, ai confini tra Calatabiano e Taormina. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono traffico di droga ed estorsione. L'inchiesta si è avvalsa della collaborazione con personale investigativo e giudiziario spagnolo. Secondo l'accusa la cosca si occupava di delitti contro la persona, estorsioni sulle attività imprenditoriali e commerciali, nonché del traffico e dello spaccio di sostanze stupefacenti. In particolare al clan sono state contestate dodici estorsioni e dalle indagini è emersa l'esistenza di un vasto traffico di droga tra Sicilia, Spagna e Colombia. Nell'ambito della stessa operazione sono stati sottoposti a sequestro preventivo 26 immobili, tra terreni e fabbricati, 40 tra autocarri, autovetture e motoveicoli, 19 tra società e imprese individuali, per un valore complessivo di alcuni milioni di euro circa. Gli arresti sono stati eseguiti con il massiccio impiego di un centinaio di ufficiali, militari e mezzi aerei, di entrambe le forze di polizia delegate.
12/01/2010
Fonte: La Sicilia

Intimidazioni per 41 bis

Catania, 12 gen. - Un proiettile calibro 9 e una lettera con minacce di gravi rappresaglie personali erano contenuti in una una busta indirizzata al magistrato Sebastiano Ardita, responsabile della gestione dei detenuti in regime di 41 bis. La missiva, che potrebbe essere legata all'applicazione del carcere duro ai boss mafiosi, e' stata recapitata alla sede del quotidiano 'La Sicilia' di Catania nelle scorse settimane. La notizia emersa solo oggi e' stata confermata dalla Procura della Repubblica di Catania, che ha aperto un'inchiesta contro ignoti. Titolari del fascicolo sono il procuratore capo Vincenzo D'Agata e il sostituto Iole Boscarino, che hanno delegato le indagini alla Squadra Mobile. L'episodio e' stato segnalato al Comitato provinciale per l'ordine pubblico e la sicurezza di Catania. Nella lettera si intima al magistrato, con espressioni pesantemente ingiuriose, di essere meno intransigente nell'applicare il 41 bis. Sebastiano Ardita, attualmente direttore generale area detenuti del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), in passato e' stato un componente della Dda.
Fonte: AGI

lunedì, gennaio 11, 2010

Ridotta la pena a Inzerillo

Palermo, 11 gen.- Ridotta la pena in appello all'ex senatore democristiano Vincenzo Inzerillo, condannato oggi a Palermo dai giudici della prima sezione della corte d'Appello a 5 anni e 4 mesi per concorso in associazione mafiosa. In primo grado era stato condannato a otto anni di carcere per associazione mafiosa. Il collegio, presieduto da Gioacchino Mitra, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado modificando il capo di imputazione originario che prevedeva il reato di associazione mafiosa. Nel 2004 la corte d'appello, ribaltando il verdetto di primo grado, aveva assolto il politico. Ma la sentenza, nel 2006, era stata annullata con rinvio dalla corte di Cassazione.
Fonte: Adnkronos

sabato, gennaio 09, 2010

Comandava dal carcere...

SIRACUSA - Dall'alba di oggi è in corso nel Siracusano e in altre province della Sicilia (Catania, Palermo e Messina), oltre che ad Ancona, una maxioperazione dei carabinieri del comando provinciale di Siracusa che ha portato a smantellare un'organizzazione criminale attiva soprattutto nel traffico degli stupefacenti e nelle estorsioni che aveva anche solidi collegamenti con il clan mafioso Aparo. Complessivamente sono state arrestate 18 persone, a cinque delle quali il provvedimento è stato notificato in carcere dove erano detenuti per altra causa mentre ad altri tre sono stati concessi gli arresti domiciliari; i provvedimenti sono stati firmati dal gip di Catania. L'indagine, sviluppatasi tra l'agosto del 2006 ed il settembre del 2008, e stata coordinata dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catania. Tra le diciotto persone arrestate anche due donne: una di queste è la moglie del reggente del gruppo Salvatore Giangravè che dal carcere di Ancona, dove è detenuto, continuava a gestire gli affari del gruppo utilizzando, tra gli altri, proprio la moglie. Con i proventi delle estorsioni e del traffico degli stupefacenti, hanno accertato i carabinieri, il gruppo provvedeva anche al sostentamento dei familiari di affiliati e gregari finiti in carcere. L'indagine dei carabinieri di Siracusa ha consentito di accertare che il gruppo sgominato stamane aveva sostanzialmente monopolizzato il mercato dello spaccio della droga e delle estorsioni nella zona di Floridia e Solarino, piccoli centri ad una quindicina di chilometri dal capoluogo, potendo anche contare su solidi collegamenti con il clan Aparo. Alcuni presunti esponenti della cosca sono rimasti coinvolti nel blitz di oggi che ha visto anche l'impiego di un nuovo sofisticato sistema di ripresa di videoripresa dall'alto, che ha consentito di monitorare istante dopo istante dalla sala operativa l'evolversi dell'operazione. L'inchiesta è stata avviata nel 2006, dopo alcune lettere minatorie inviate a commercianti ed imprenditori della zona con richieste di denaro: 10 mila euro di una tantum e poi quote mensili da 3 mila euro. Le indagini dei carabinieri accertarono come in particolare Salvatore Giangravè, indicato come reggente del clan, benchè fosse recluso nel carcere di Ancona, avesse fatto recapitare attraverso un suo emissario una lettera a un imprenditore per contestargli la mancata assunzione della figlia minacciando rappresaglie. Da lì è stato possibile alzare il velo su una sistematica azione estorsiva portata avanti con il sistema dell'imposizione dei videopoker e l'obbligo di versare una quota al gruppo che garantiva comunque protezione.
08/01/2010

Fonte: La Sicilia


SIRACUSA - Anche Salvatore Giangravè, considerato esponente di spicco del clan Aparo, detenuto ad Ancona, dove ieri mattina gli è stato notificato un nuovo provvedimento nell'ambito di un'inchiesta su droga ed estorsioni, per guidare gli affari criminali del gruppo, dal carcere, si affidava ai pizzini. Piccoli biglietti inseriti dentro le buste di lettere inviate non solo alla moglie, Anna Raco, arrestata anche lei ieri proprio con l'accusa di essere la 'portavoce' delle disposizioni del marito, ma anche a parenti e familiari più lontani. Dentro alcune di queste buste, quelle contenenti lettere indirizzate a destinatari più insospettabili, il boss riusciva buste più piccole con messaggi indirizzati ai referenti locali del clan. Le lettere erano scritte con un linguaggio convenzionale, una sorta di codice: ad esempio, il capomafia utilizzava iniziali e nomi di cavalli per indicare i destinatari. Un codice che adesso, anche grazie al materiale trovato ieri durante le perquisizioni, è stato in larga parte decriptato dagli investigatori della Tenenza di Florida.
09/01/2010

Fonte: La Sicilia

giovedì, gennaio 07, 2010

Radio 100 passi

PALERMO, 5 GEN - Ha iniziato a trasmettere stamani, dalla Casa memoria Peppino Impastato a Cinisi, Radio 100 Passi. E' una webradio che nasce nel solco di Radio Aut, fondata nel 1976 da Peppino Impastato, il militante di Democrazia proletaria ucciso dalla mafia per ordine del boss Tano Badalamenti. Radio 100 passi, nata dal gruppo che diede vita a Radio Sud, inizia a trasmettere oggi perche' e' il giorno in cui Peppino Impastato avrebbe compiuto 62 anni.
Fonte: ANSA

3 pericolosi condannati escono per decorrenza dei termini...

CALTANISSETTA - Il Tribunale di Caltanissetta ha scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare tre imputati dell'inchiesta "Uragano" condotta dai carabinieri di Caltanissetta e dalla Dda nei confronti di presunti esponenti del clan di Cosa nostra del Vallone, l'ampia zona rurale nissena comprendente Mussomeli e a ridosso della provincia di Palermo. Oggi hanno lasciato il carcere Salvatore Amico, 37 anni, Giuseppe Tona, 45, e Giuseppe Cammarata, 31 anni, tutti di Milena, già condannati in primo grado per associazione mafiosa ed estorsioni. Ai primi due il Tribunale nisseno ha inflitto 16 anni di reclusione, a Cammarata 17 anni. I tre erano stati arrestati a dicembre 2005. Secondo la Dda e i carabinieri gli indagati sarebbero stati affiliati al clan mafioso di Milena e avrebbero estorto denaro all'imprenditore agricolo Paolino Diliberto che ha poi denunciato le richieste di pizzo andate avanti per diverso tempo.
06/01/2010
Fonte: La Sicilia

lunedì, gennaio 04, 2010

Anniversario Mattarella

Palermo, 2 gen. - "Piersanti era una persona serena, che amava la vita, sempre attenta a non sacrificare alla politica gli spazi di vita familiare. Era legatissimo alla moglie, ai figli, ai suoi genitori. Era, in definitiva, una persona normale. Questa e' una cosa che potrei dire di Piersanti, come di altre persone che sono state uccise perche' difendevano la legalita' e che ho conosciuto, da Falcone a Borsellino e a Chinnici: persone normali che amavano la vita, il futuro, con un forte senso della propria dignita' e del ruolo che rivestivano, che non volevano piegarsi alla sopraffazione, alla prepotenza mafiosa, alla minaccia della violenza". Lo ha detto Sergio Mattarella, fratello di Piersanti, intervistato da 'Il Settimanale' della Tgr Sicilia. Il prossimo 6 gennaio saranno passati 30 anni dall'omicidio per mano mafiosa del presidente della Regione Piersanti Mattarella, che lavorava per una "Sicilia con le carte in regola". Un'espressione, ha aggiunto l'esponente politico, con cui Piersanti voleva affermare "l'esigenza della Sicilia di presentarsi davanti al governo nazionale e nei confronti delle altre regioni avendo titolo per chiedere con diritto cio' che le competeva: e cio' significava, naturalmente, una Regione con la spesa trasparente e ordinata, che facesse proprio il forte richiamo alla legalita', al contrasto alla corruzione e alla mafia". Ha proseguito Sergio Mattarella: "Io credo che nessuno di questi uomini avesse la vocazione a fare l'eroe, ma avevano questo senso della dignita' del proprio ruolo e di se stessi". Infine, ha ricordato un episodio che testimonia il legame tra i due fratelli: "La moglie di Piersanti e la mia sono sorelle; mia moglie non aveva piu' il padre e a condurla all'altare e' stato proprio Piersanti. E' il ricordo piu' intenso del mio rapporto con lui".
Fonte: AGI

venerdì, gennaio 01, 2010

Sentenza Ciancimino..

Palermo, 30 dic. - Pena ridotta in appello per Massimo Ciancimino condannato dalla quarta sezione della Corte d'Appello di Palermo a tre anni e quattro mesi di reclusione per intestazione fittizia di beni e riciclaggio. E' stato assolto, invece, per la tentata estorsione. I giudici gli hanno concesso le attenuanti generiche. In primo grado Ciancimino junior era stato condannato a cinque anni e otto mesi.
"Appena ho saputo l'esito della sentenza ho pianto. Per me il reato più infamante era la tentata estorsione, invece i giudici mi hanno assolto da questo reato assurdo. E' una storia in cui non c'entro niente", ha detto per telefono all'ADNKRONOS Massimo Ciancimino dalla sua casa di Bologna.
Commentando poi la decisione dei giudici della Corte d'Appello di Palermo di concedergli le attenuanti generiche, Massimo Ciancimino ha sottolineato: "è un riconoscimento alla mia credibilità dimostrata in aula. Io stesso ho chiesto ai giudici di interrogarmi, non mi sono mai trincerato dietro le dichiarazioni spontanee". E poi ha tenuto a sottolineare: "sono due cose separate la sentenza e il lavoro che sto facendo con i magistrati, sono due cose completamente diverse". Negli ultimi mesi il figlio dell'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, ha reso dichiarazioni ai magistrati sulla presunta trattativa tra lo Stato e Cosa nostra.
I giudici di Palermo hanno deciso una pena ridotta anche per la madre di Massimo Ciancimino, Epifania Scardino, condannata a un anno rispetto alla condanna di un anno e quattro mesi di primo grado. La donna è accusata d'intestazione fittizia di beni. Confermata, invece, la condanna per l'avvocato Giorgio Ghiron a cinque anni e quattro mesi per riciclaggio in concorso. Ridotta di quattro mesi, infine, la condanna a Gianni Lapis, accusato d'intestazione fittizia di beni e condannato a cinque anni.
Nel dispositivo della sentenza dei giudici di Palermo nei confronti di Massimo Ciancimino, è stato disposto anche l'invio alla Procura "per ipotesi di riciclaggio emergente dalla liquidazione della quota di pertinenza di Vito Ciancimino derivante dalla vendita della società del Gas".
Secondo l'accusa Gianni Lapis sarebbe stato l'intestatario fittizio di quote delle società del gruppo Gas e avrebbe versato sul conto svizzero Mignon il ricavato della vendita delle partecipazioni societarie. Da qui, per l'avvocato, l'accusa di riciclaggio in concorso con Ciancimino che avrebbe reinvestito il denaro ricavato dalla cessione.
Fonte: Adnkronos

Eccolo il regalino...

PALERMO - Il boss palermitano Giuseppe Graviano, che sta scontando l'ergastolo nel carcere di Opera a Milano, ha ottenuto su richiesta del suo legale che gli venisse tolto l'isolamento diurno. E' stato lo stesso avvocato a precisarlo, dopo che in un primo tempo si era diffusa la notizia della cancellazione del 41 bis, seguita immediatamente da una serie di polemiche. Per Graviano quindi rimane l'applicazione del carcere duro, alleggerito dal nuovo provvedimento. "I magistrati - dice l'avvocato Gaetano Giacobbe - hanno applicato la norma che stabilisce un tetto massimo per il carcere duro. Cumulati i periodi di detenzione diurna trascorsi al 41 bis, si è arrivati al tetto di tre anni previsto dalla legge". Graviano sarebbe passato al regime di vita comune il 16 dicembre scorso. Lo scorso 11 dicembre, davanti ai giudici della Corte d'appello di Palermo che stanno giudicando il senatore Marcello Dell'Utri, Giuseppe Graviano - sentito insieme al fratello Filippo - aveva lamentato uno stato di salute precario, a suo dire provocato dai rigori del 41 bis. A causa dei problemi di salute non aveva risposto alle domande dell'accusa sulla veridicità delle dichiarazioni rese dal pentito Gaspare Spatuzza, che aveva parlato di rapporti tra il senatore e i due fratelli Graviano. L'ergastolano aveva spiegato che la sua decisione di avvalersi della facoltà di non rispondere poteva essere rivista qualora le sue condizioni di salute fossero migliorate, lasciando intendere che questo sarebbe dipeso dal miglioramento del suo regime carcerario. Filippo Graviano, invece, aveva smentito la ricostruzione fatta da Spatuzza. "Giuseppe Graviano non ha diritto - afferma Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili - per quello che ci riguarda, a nessuno sconto né di giorno né di notte. Comprendiamo bene che il Tribunale di sorveglianza ha applicato le leggi, che durante questi sedici anni troppo spesso sono andate in una sola direzione, in favore della mafia terrorista, e oggi se ne vedono i risultati". Per il presidente dell'Associazione nazionale familiari vittime di mafia, Sonia Alfano, "siamo di fronte all'ennesima farsa della giustizia italiana. L'Associazione chiede un confronto con il ministro Angelino Alfano. Segnali come l'alleggerimento del 41 bis per Graviano ci inducono a pensare ad una ricompensa per il silenzio e le cose non dette nell'ambito del processo Dell'Utri e una prosecuzione della trattativa tra Cosa nostra e lo Stato. Giuseppe Graviano per l'udienza relativa al processo Dell'Utri aveva scritto una lettera in cui elencava i suoi problemi di salute dovuti agli anni passati in isolamento al 41bis, dichiarando che sarebbe stato suo dovere, quando il suo stato di salute lo avesse permesso, informare l'illustrissima Corte d'appello per rispondere a tutte le domande. Che qualcuno abbia colto il suo messaggio e abbia risposto celermente? Del resto, Dell'Utri si era mostrato compiaciuto di fronte al rifiuto di Graviano di rispondere ai magistrati".
01/01/2010

Fonte: La Sicilia

Arrestato Matranga a Milano

MILANO, 1 GEN - E' stato arrestato ieri a Milano dalla polizia Gioacchino Matranga, 64 anni, ritenuto esponente di Cosa Nostra nel capoluogo lombardo. Era evaso dal suo appartamento a San Giuliano Milanese nell'ottobre scorso. Matranga si trovava in regime di detenzione domiciliare per motivi di salute ma improvvisamente aveva fatto perdere le sue tracce. Deve scontare un residuo di pena di 17 anni. Matranga, nato a Piana degli Albanesi (Palermo), era inserito nell'elenco dei 30 latitanti piu' pericolosi.
Fonte: ANSA

Beccato esponente Toscano-Mazzaglia

BIANCAVILLA (CATANIA) - Un sorvegliato speciale con l'obbligo di soggiorno, Roberto Ciaramidaro, di 36 anni, ritenuto esponente delle famiglie Toscano-Mazzaglia, affiliate al clan Santapaola, è stato arrestato dai carabinieri della compagnia di Paternò a Biancavilla, in provincia di Catania, per violazione degli obblighi ai quali era sottoposto. Ciaramidaro è stato bloccato mentre era alla guida di un autocarro nonostante la patente gli fosse stata revocata.
30/12/2009
Fonte: La Sicilia