mercoledì, maggio 27, 2009

Scoperto traffico di droga internazionale...

CATANIA - Quindici persone arrestate, a quattro della quali sono stati concessi i 'domiciliari', tre ordini di custodia notificati in carcere, due obblighi di firma e due indagati irreperibili: sono le cifre dell'operazione antidroga 'Manicomio' eseguita la notte scorsa dalla squadra mobile di Catania. Il blitz, coordinato dalla Dda della Procura etnea, ha interessato, oltre che la Sicilia, anche a Venezia e Napoli.

L'inchiesta ha permesso, secondo la Procura etnea, di sgominare due organizzazioni criminali che gestivano un vasto traffico di sostanze stupefacenti: una importava cocaina sull'asse Spagna-Napoli-Catania; l'altra cocaina, marijuana, orange-skunk e Lsd sulla tratta Amsterdam-Venezia-Catania.

Secondo la squadra mobile della Questura di Catania, promotore della prima banda sarebbe stato il catanese Rosario Giordano, di 42 anni, già detenuto, che acquistava la droga a Napoli tramite Salvatore Pezzella, di 38 anni, tra gli arrestati.

Il secondo gruppo farebbe capo invece a Salvatore Messina, di 43 anni, detto 'Manicomio', che si serviva della collaborazione di Giuseppe Siscaro, un catanese di 35 anni che lavorava in una serra di Amsterdam dove si coltiva marijuana indoor, e del veneziano Michele Costantini, di 30 anni, di Mestre, per il quale il Gip Santino Mirabella ha disposto gli arresti domiciliari.

L'inchiesta è stata coordinata dal procuratore capo Vincenzo D'Agata e da due sostituti della Direzione distrettuale antimafia di Catania, Giovannella Scaminaci e Francesco Testa.

Gli arrestati. Salvatore Rosario Cici, di 40 anni, Francesco Grimaldi, di 43, Maurizio Antonio Grimaldi, di 40, Alfio Laudani, di 31, Salvatore Messina, di 43, Alberto Morgioni, di 54, Angelo Raciti, di 34, Giuseppe Carmelo Maria Siscaro, di 35, Pietro Zappalà, di 27, e il napoletano Salvatore Pezzella, di 38 anni, noto come 'Totore o Pippone'. Il provvedimento è stato notificato in carcere a tre persone già detenute: Rosario Giordano, di 42 anni, Gaetano Roberto Giuffrida, di 50, e Salvatore Maccarrone, di 60. Gli arresti domiciliari sono stati disposti per Michele Costantini, di 30 anni, originario di Mestre (Venezia), noto come 'Lele', Ermenegildo Schiaratura, di 47 anni, originario di Civitavecchia (Roma), e a Giovanni Platania, di 28 anni.

Il Gip ha disposto l'obbligo di firma a due catanesi di 37 e 40 anni, A. G. e A. Z..
Sono irreperibili altri due destinatari del provvedimento restrittivo emesso dal Gip Santino Mirabella.

27/05/2009

Fonte: La Sicilia

lunedì, maggio 25, 2009

Un popolo bravo solo a dimenticare...

PALERMO - Al grido di "Giovanni e Paolo" è partito dal bunker del carcere Ucciardone di Palermo il corteo di oltre 2.500 studenti, provenienti da tutta Italia, nel capoluogo siciliano per il 17° anniversario della strage di Capaci. I giovani come sempre hanno puntato su via Notarbartolo all'albero Falcone, divenuto ormai tra i luoghi simbolo della lotta alla mafia. Lungo il percorso molti gridano "venite fuori" per incitare gli abitanti delle strade attraversate a unirsi a loro. Pochissimi i cittadini affacciati ai balconi per assistere al passaggio del corteo; a differenza degli altri anni, nessun lenzuolo con le immagini di Falcone e Borsellino è stato appeso alle finestre. In testa al corteo i ragazzi marciano tenendo in mano uno striscione con scritto "Insieme per non dimenticare". Tra gli studenti anche gli alunni dell'Itis dell'Aquila, la cui scuola è stata danneggiata dal sisma, ma anche Maria Falcone, sorella del magistrato assassinato, e il vicesindaco di Palermo Mario Milone. Tra la folla il senatore del Pd Giuseppe Lumia che dice amaramente: "La politica, in Italia, non ha mai fatto della lotta alla mafia una reale priorità". Un corteo parallelo è partito contemporaneamente da via D'Amelio: esibisce uno striscione con su scritto "Verità e giustizia, addio mafia" ed è composto da oltre 500 studenti di scuole elementari e medie. Tra le persone in marcia anche don Luigi Ciotti e Rita Borsellino. "Se ci fossero istituzioni più perseveranti accanto a questi ragazzi già la mafia sarebbe stata sconfitta. La memoria è il loro futuro", afferma la sorella del giudice Paolo, ucciso il 19 luglio del '92 con un autobomba proprio in via D'Amelio. "Credo che Falcone e i ragazzi della scorta oggi sono contenti perché è stato dato un nome ai mandanti dell'omicidio Rostagno. Fra i beni sequestrati c'è anche la Calcestruzzi ericina", dice don Ciotti, presidente di Libera. "Il loro sacrificio non è stato inutile - aggiunge -, bisogna continuare a cercare la verità. Il 70% dei familiari delle vittime di mafia non conosce la verità. Oggi dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è arrivato un monito importante". All'arrivo all'Albero Falcone un minuto di silenzio per ricordare l'ora esatta, le 17.58, in cui il tritolo di Cosa nostra spazzò via a Capaci le vite del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti della scorta. Ad annunciare il silenzio il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, che insieme ad alcuni ragazzi della consulta degli studenti recita brani tratti dalla "Ballata dei bambini morti di mafia" di Violante. Il minuto di raccoglimento in via Notarbartolo arriva dopo alcuni momenti di ilarità con i comici Ficarra e Picone. Sul palco, allestito sotto l'albero, anche Maria Falcone. Secondo gli organizzatori sono circa 10 mila le persone che hanno partecipato alla manifestazione.
23/05/2009
Fonte: La Sicilia

Verbali rubati... Scorta...


PALERMO, 25 MAG - Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco di Palermo, Vito, ha denunciato il furto di alcuni verbali di interrogatorio da lui resi. Per questo il comitato per l'ordine e la sicurezza di Bologna gli ha assegnato la scorta. Come riporta il Giornale di Sicilia, si tratta di deposizioni sul processo al prefetto Mori, generale dei Carabinieri,accusato di favoreggiamento alla mafia. Nei verbali Ciancimino parla della presunta trattativa, dopo le stragi mafiose del '92 tra Stato e Cosa nostra.

Fonte: Ansa

Operazione contro il clan Badalamenti..

Palermo, 22 mag.- E' in corso dalle prime luci dell'alba una vasta operazione antimafia condotta dai Carabinieri che stanno eseguendo venti provvedimenti cautelari in alcune città italiane, ma anche estere come in Spagna, Venezuela e Brasile. Si tratta di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale di Palermo su richiesta della Procura distrettuale antimafia nei confronti di 20 indagati accusati di associazione mafiosa, corruzione, truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche e trasferimento fraudolento di valori.
Il provvedimento prevede anche il sequestro di beni, aziende e quote societarie, del valore di oltre 5 milioni di euro. Le indagini dell'operazione 'Mixer-Cento passi', condotte dal Ros di Firenze, hanno fatto emergere la presenza di alcuni imprenditori ritenuti vicini a Cosa nostra e che si sarebbero occupati di opere residenziali e turistiche in provincia di Palermo. L'attività investigativa del Ros dei Carabinieri ha, inoltre, "consentito di individuare - come spiegano gli inquirenti - un sodalizio transnazionale capeggiato da Leonardo Badalamenti, figlio di Gaetano, il boss di Cinisi morto alcuni anni fa mentre era detenuto negli Stati Uniti". L'uomo si sarebbe occupato di una gestione truffaldina di titoli di credito venduti per centinaia di milioni di dollari ai danni di istituti di credito esteri. Intanto, slitta l'arrivo in Italia dagli Stati Uniti del boss mafioso Rosario Gambino, esponente di Cosa nostra americana, coinvolto nello storico processo chiamato 'Pizza connection'. L'arrivo era previsto per questa mattina ma poi, a quanto si apprende, è saltato. L'uomo è accusato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Qualche anno fa Gambino stava per essere estradato un prima volta, ma poi tutto si bloccò e il boss rimase negli Stati Uniti. L'Italia aveva avviato la procedura di estradizione nei suoi confronti già nel 2001.

Fonte: Adnkronos

giovedì, maggio 21, 2009

Bisognerebbe mettere anche l'IVA sul voto...

PALERMO, 20 MAG - L'assessore regionale, Antonello Antinoro (Udc), avrebbe pagato una somma di denaro alle cosche mafiose vicino ai boss Lo Piccolo. Lo dice ai pm un nuovo pentito, Michele Visita, uno dei 3 indagati fermati la scorsa per cercare di ottenere un pacchetto di voti alle elezioni regionali 2008. Antinoro e' gia' indagato per voto di scambio, e la scorsa settimana gli e' stato notificato un avviso di garanzia in seguito al quale e' stato interrogato dai pm.
Fonte: Ansa

sabato, maggio 16, 2009

Operazione "Eos"

Palermo, 14 mag. - (Adnkronos) - E' in corso dalle prime luci dell'alba di oggi una maxioperazione antimafia, condotta dal Comando provinciale dei carabinieri di Palermo. Ventuno i fermi, emessi dalla locale Dda, a carico di altrettanti presunti esponenti di Cosa nostra, accusati di associazione mafiosa finalizzata alle estorsioni e al narcotraffico. Gli arrestati sono i vertici e gli affiliati dei mandamenti palermitani di Resuttana e San Lorenzo.
Per gli investigatori gestivano la 'cassa' di Cosa nostra provvedendo a reinvestire i proventi del racket delle estorsioni nel narcotraffico. Nell'operazione, denominata 'Eos', sono impegnati 200 carabinieri, due elicotteri e le unita' cinofile. L'operazione ha riguardato in particolare l'esecuzione di 19 decreti di ''fermo di indiziato di delitto'' con richiesta di due misure cautelari. Le indagini che sono partite dalla sorveglianza e proseguite dopo la cattura del boss Salvatore Lo Piccolo attraverso intercettazioni, pedinamenti, osservazioni e dichiarazioni di alcuni pentiti hanno permesso agli inquirenti di scoprire l'intera attivita' mafiosa legata alla riscossione del pizzo, la gestione della cassa e le modalita' di reinvestimento dei proventi del racket nel narcotraffico. Ulteriori dettagli dell'operazione saranno illustrati nel corso di una conferenza stampa alle 10.30 negli uffici della Procura della Repubblica di Palermo.

Fonte: Adnkronos

Deposito d'armi sotterrato...

PALERMO - Un arsenale è stato trovato nascosto nel parco di villa Malfitano a Palermo. Lo hanno scoperto all'alba i carabinieri, che da due giorni avevano avviato ricerche nel grande giardino pubblico, dopo aver appreso da intercettazioni che le cosche mafiose avevano nascosto pistole e fucili mitragliatori in questo posto. Nel parco ha sede la fondazione Whitaker, la cui villa è utilizzata spesso per incontri di rappresentanza, e sarebbero state sotterrate dal giardiniere della fondazione, Agostino Pizzuto, arrestato due giorni fa dai carabinieri nell'operazione Eos. L'elenco delle armi emerge da una conversazione registrata in carcere fra indagati coinvolti in questa inchiesta, che dovevano servire per commettere omicidi, e i cui corpi delle vittime dovevano poi essere sciolti nell'acido. L'arsenale è composto anche da granate e munizioni. In particolare sono stati trovate: due pistole semi automatiche calibro 9; due revolver Smith & Wesson; due mitragliatori di fabbricazione croata con silenziatore; un fucile a pompa; una granata; migliaia di munizioni di vari calibri, anche da guerra e un giubbetto antiproiettile.Le armi della mafia sono state trovate dagli artificieri dei carabinieri dopo due giorni di setacciamenti nel parco. Erano sotterrate in una grotta che si estende sotto il giardino. Gli investigatori, con uno speciale metal detector, hanno localizzato il posto in cui erano sotterrati un bidone di plastica di colore bianco e un grande tubo in pvc di colore arancione, in cui erano conservati i fucili a pompa. Tutte le armi sono in perfetto stato di conservazione e funzionanti.Villa Malfitano, con il suo giardino, si trova in via Dante. Il parco è stato progettato da Emilio Kunzmann e si estende per oltre 5 ettari. L'entrata da via Dante è caratterizzato da un'imponente cancellata in ferro battuto e la parte di giardino ad esso adiacente è coltivata all'inglese, con vialetti che permettono un percorso tra le asimmetrie degli spazi mentre la parte opposta è realizzata all'italiana, quindi caratterizzata da spazi disposti geometricamente e in maniera simmetrica intorno alla villa che ospita eventi pubblici o istituzionali.
16/05/2009
Fonte: La Sicilia

mercoledì, maggio 13, 2009

Operazione "bud luck"

ROMA - E' in corso dalle prime ore di questa mattina una vasta operazione antidroga della polizia di Stato di Siracusa, coordinata dalla Procura distrettuale Antimafia di Catania e denominata 'Bud Luck'. Gli agenti stanno eseguendo 16 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti soggetti accusati di associazione a delinquere finalizzata al traffico e spaccio di cocaina e hashish col favoreggiamento del clan Trigila. Nel corso delle indagini, condotte dalla Squadra mobile di Siracusa e protrattesi per circa un anno, sono stati sequestrati vari quantitativi di droga. L'indagine ha evidenziato che la cocaina veniva acquistata, con cadenza settimanale, a Catania, da soggetti ritenuti appartenenti al clan dei Cursoti, mentre l'approvvigionamento dell'hashish veniva effettuato a Siracusa. La droga veniva smerciata in alcuni comuni della zona del sud Siracusano (Noto, Avola, Porto Palo di Capopassero e Pachino): i relativi proventi confluivano nella 'cassa comune' del clan Triglia e utilizzati per il pagamento dello 'stipendio' degli adepti. L'operazione di polizia ha visto impegnati circa 150 uomini, supportati da unità cinofile ed eliportate. Sono stati arrestati: Giuseppe Trigila, 31 anni; Giuseppe Campo, 39; Francesco Nieli; 54, Carmelo Miloro, 40; Riccardo Lombardini, 34; Carlo Caruso, 31; Luciano Degliangioli, 33, incensurato; Salvatore Mirabella, 33; Carmela Giordano, 49; Antonino D'Arrigo, 30; Giampiero Napoli, 32; Carmelo Cassia, 50. Tre hanno ottenuto gli arresti domiciliari: Antonello Burgaretta, 40; Pietro Carlo Raciti, 32; Carlo Giuseppe Florio, 39. A Corrado Trigila, 54, il provvedimento restrittivo è stato notificato in carcere dove era detenuto per altri reati. Gli ordini di custodia cautelare sono stati firmati dal gip del tribunale di Catania su richiesta del sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia etnea Andrea Ursino che ha coordinato l'indagine condotta dalla squadra mobile di Siracusa in collaborazione con i commissariati Noto e di Pachino. Le accuse contestate sono di associazione a delinquere finalizzata al traffico ed allo spaccio di cocaina e hascisc. Secondo quanto accertato dagli investigatori - l'indagine si è sviluppata per tutto il 2006 sino ai primi mesi dedl 2008 - l'organizzazione gestiva un traffico di droga nel Siracusano e nel Ragusano. Nell'ambito dell'inchiesta il gip ha disposto il sequestro anche di due auto, una berlina e un fuoristrada, utilizzati per trasportare la droga da Catania a Siracusa.
13/05/2009
Fonte: La Sicilia

Arrestati "zerbini" di 2 boss..

PALERMO - Un impiegato del comune di Palermo, Gabriele Oliveri, è stato arrestato stamani dalla polizia di Stato perché accusato di favoreggiamento a un boss mafioso latitante. L'uomo è finito in cella insieme a Gaetano Di Caccamo, anche lui ritenuto un favoreggiatore di mafiosi. Per i due indagati il gip di Palermo ha emesso ordinanza di custodia cautelare su richiesta della Dda, nell'ambito dell'inchiesta "Cerbero" che nei giorni scorsi ha portato al fermo di 30 persone. Oliveri è accusato di avere fatto autenticare la firma al boss Andrea Adamo, al'epoca latitante, con la quale il mafioso chiedeva al gup di accedere al rito abbreviato in un procedimento nel quale era imputato. L'impiegato comunale era in servizio negli uffici di Altarello. Gaetano Di Caccamo è invece accusato di aver favorito nella latitanza il boss Antonino Lo Nigro. Entrambe le ordinanza sono state eseguite da agenti della squadra mobile.
13/05/2009
Fonte: La Sicilia

lunedì, maggio 11, 2009

Procedimento "Timoleonte"

CATANIA, 11 MAG - La confisca di beni per circa 2 milioni di euro, 94 anni e 10 mesi di reclusione inflitti a 12 imputati e un'assoluzione. E' la decisione del Gup di Catania, alla fine del rito abbreviato del procedimento Timoleonte, su un vasto traffico di droga, scoperto dalla finanza tra Adrano e Siracusa, legato alla famiglia mafiosa dei Santangelo. Individuati anche i canali di approvvigionamento della droga, da esponenti dei clan Nirta-Strangio e Pesce-Bellocco.
Fonte: ANSA

Crocetta - Caponcello

CATANIA - Accuse e minacciate querele tra il sindaco di gela Rosario Crocetta e l'ex pm etneo Carlo Caponcello. A scatenare il dibattito alcune dichiarazioni del primo cittadino puntando il dito su uno dei sei candidati che il plenum del Csm nominerà alla Dna. "In un momento in cui nelle Istituzioni c'è bisogno di persone determinate ed esperte nella lotta a Cosa nostra, apprendo che il Csm ritiene di mandare alla Procura nazionale chi, in indagini sul controllo da parte della mafia sulla grande distribuzione alimentare, e sui collegamenti dell'imprenditore Scuto di Catania con boss palermitani, è stato bacchettato dalla procura generale di Catania, che avocò il procedimento per mala gestio" aveva detto il sindaco. Secondo Crocetta, che ha citato atti della Commissione parlamentare antimafia, "questo magistrato catanese aveva omesso di procedere nei confronti di importanti esponenti del clan Laudani, braccio armato dei Santapaola, poi condannati a pene severissime, nel processo nato dall'avocazione". "Eppure - aggiunge citando gli atti parlamentari - quel magistrato era stato oggetto di interrogazione parlamentare per sue condotte in altre importanti indagini, quelle dell'appalto dell'ospedale Garibaldi, in cui emersero collusioni politiche-mafiose, in cui aveva tentato di impedire che si indagasse il cognato Ignazio Sciortino, oggi dell'Udc, ostacolando l'attività di intercettazione nei suoi confronti". E poi aveva concluso auspicando che "il Csm prima di mandare in posti così delicati come la Dna, valuti in maniera completa tutto il percorso professionale di questo magistrato".

LA QUERELA. Immediata al risposta in una nota del giudice Carlo Caponcello, ex pm della Dda etnea e attuale giudice della seconda sezione penale del del Tribunale di Catania, che si è sentito tirato in ballo dalle dichiarazioni di Crocetta sulle prossime nomine alla Dna. "Apprendo delle dichiarazioni del sindaco di Gela, Rosario Crocetta, tanto gratuite quanto farneticanti, gravemente offensive della mia dignità personale ed umana ed intollerabilmente lesive della mia onestà e del mio prestigio professionale. Oggi stesso, ho conferito il più ampio mandato ai miei avvocati per tutelare la mia reputazione nelle sedi proprie". "Constato, con grande amarezza e stupore, che un impegnato e coraggioso esponente politico, strumentalizzando la propria carica e la propria candidatura elettorale - aggiunge il magistrato - tenti di interferire e di condizionare, intaccandone l'autonomia e l'indipendenza, l'operato del Consiglio della magistratura il quale non ha, certamente, bisogno di essere ispirato dalle 'sleali' insinuazioni del Crocetta per compiere, consapevolmente e in piena legittimità e libertà, le sue scelte. Sono certo - conclude Carlo Caponcello - che il sindaco Crocetta, se eletto, vorrà rinunciare all' immunità parlamentare per rispondere della sua condotta innanzi alla autorità giudiziaria".


IL CHIARIMENTO. "Non intendevo diffamare alcuno, mi sono limitato a riportare atti parlamentari pubblici di un' interrogazione del 2003 di Niki Vendola; se poi questa cosa non c'entra sarei contento, sarebbe bene un chiarimento"."Ho letto una nota di Vendola alla Camera - aggiunge Crocetta - e quindi forse andrebbe querelato lui. Ma visto che nessuno sinora lo ha fatto, vuol dire che le affermazioni di Vendola sono ancora valide, anche se sono trascorsi sei anni".
09/05/2009


Fonte: La Sicilia

Estorsioni a Palermo...

PALERMO - Il giudice dell'udienza preliminare, Marina Petruzzella, ha inflitto condanne per complessivi 153 anni di carcere a 12 presunti appartenenti alle famiglie mafiose di Altarello, della Noce e di Palermo centro. Uno solo degli imputati è stato assolto: si tratta del commerciante Daniele Riccobono, imputato di favoreggiamento per non avere indicato gli estorsori. Riccobono era anche parte civile nel processo e ha ottenuto un risarcimento del danno di 10 mila euro.La pena più alta (18 anni) è toccata a Pietro Tumminia. Sedici anni ciascuno sono stati inflitti ad Antonio Di Martino, Domenico Di Giovanni e Giovanni Giordano.
Fonte: La Sicilia

11/05/2009


Processo "mare nostrum"

MESSINA - Conferma di 28 ergastoli e delle condanne inflitte in primo grado. Queste le richieste dei pm Fabia D'Anna e Salvatore Scaramuzza nel processo di appello dell'operazione Mare Nostrum (130 imputati) che si celebra nell'aula bunker del carcere di Gazzi e che tratta tutti i fatti di sangue commessi nell'hinterland di Barcellona Pozzo di Gotto negli anni Novanta. Tra le richieste la conferma della condanna al presunto boss di Barcellona Giuseppe Gullotti, che sta già scontando 30 anni per l'omicidio Alfano (vicenda non compresa in questo processo) e ai fratelli Calogero e Vincenzino Mignacca, personaggi di primo piano della mafia di Tortorici. La parola passa ora alle difese prime del verdetto che si prevede tra circa un mese. Il procedimento di secondo grado è stato caratterizzato dall'acquisizione di un "testamento" privato del pm Olindo Canali, che ha espresso perplessità sulla sua attività come magistrato a Barcellona creando numerose e l'avvio di un procedimento davanti al Csm.
11/05/2009
Fonte: La Sicilia

lunedì, maggio 04, 2009

Il vecchio stile non muore mai...

Catania, 4 mag. - (Adnkronos) - A Catania e' stato ucciso Nicola Lo Faro, 45 anni, sospettato di essere un esponente del clan mafioso dei 'Cursoti'. L'omicidio e' avvenuto stamane quando l'uomo e' stato raggiunto da numerosi colpi di pistola mentre si trovava a bordo della propria auto, una Mercedes nella zona di Nesima in via Cardi'. Sull'omicidio indaga la Squadra Mobile.

Fonte: Adnkronos

Ciancimino jr racconta...

MILANO - "Mio padre era certo che ci fosse uno pseudo-accordo che riguardava Provenzano sul suo modo tranquillo e libero di muoversi, in Italia e all'estero. Provenzano aveva quasi una missione, un ruolo ben preciso dopo le stragi, e mio padre era sicuro che la presa del timone di Cosa nostra da parte sua fosse la cosa migliore". Così Massimo Ciancimino ha ricordato gli incontri fra suo padre Vito, morto nel 2002, e il vecchio padrino di Corleone, adombrando accordi dopo le stragi. Il dichiarante lo ha detto davanti ai giudici di Palermo deponendo nel processo nell'aula bunker di Milano, in trasferta per motivi di sicurezza, in cui sono imputati, fra gli altri, Bernardo Provenzano e l'ex deputato regionale Giovanni Mercadante. Rispondendo alle domande del pm Nino Di Matteo, Ciancimino ha detto che nel tempo il padre e il boss di Corleone si erano incontrati più volte: "Ricordo la presenza a casa mia di Provenzano, che mio padre chiamava ingegnere Lo Verde, fin da quando avevo nove anni; mio padre lo riceveva nella sua stanza da letto. Questi incontri riservati sono proseguiti fino a poco prima che mio padre morisse a Roma. Ma vennero a casa anche Totò Riina, Franco Bonura, i fratelli o cugini Buscemi, Pino Lipari, Tommaso Cannella. Prima che venisse arrestato, cosa che avvenne alla fine del 1984, mio padre aveva quattro linee telefoniche e una sola era quella riservata sulla quale riceveva le chiamate solo di quattro persone, una era l'ingegnere Lo Verde, alias Provenzano". Fra il 1999 e il 2002, ha aggiunto Ciancimino jr, "mio padre, che era agli arresti domiciliari a Roma, incontrò diverse volte Bernardo Provenzano". Il figlio dell'ex sindaco di Palermo ha sostenuto che del super boss suo padre "aveva grande stima", rivelando che il capomafia "non aveva grandi problemi a muoversi in Italia e all'estero. Mio padre si preoccupava di essere un elemento a rischio per Provenzano per via del fatto che era agli arresti domiciliari e poteva subire controlli. Ma nonostante ciò Provenzano arrivava a Roma". L'appartamento in cui avvenivano gli incontri era in via San Sebastianello, a pochi passi da piazza di Spagna. Il teste ha parlato anche di incontri con Totò Riina, del quale però Vito Ciancimino "non aveva grande stima". Massimo Ciancimino ha anche riferito ai giudici del tribunale di Palermo di avere ricevuto minacce. Ha fatto riferimento a proiettili e messaggi intimidatori che sono stati lasciati davanti alla sua abitazione dieci giorni fa. Già in passato era stato oggetto di altri episodi intimidatori, che si erano verificati a Palermo e che erano stati denunciati. Infine Ciancimino ha spiegato che il suo rapporto di collaborazione con la giustizia "nasce con il dottor Falcone. Ma adesso la mia volontà a rendere dichiarazioni è arrivata solo dopo aver rilasciato un'intervista, in seguito alla quale sono stato chiamato dai magistrati". Provenzano ha rinunciato, per la prima volta da quando è stato aperto il dibattimento, a presenziare al processo in video collegamento. Il vecchio padrino di Corleone, amico del padre del teste, ha preferito restare in cella e non ascoltare i retroscena descritti da Ciancimino. L'esame del teste, sentito come imputato di reato connesso, assistito dall'avvocato Francesca Russo, è durato quasi quattro ore, durante le quali ha risposto alle domande del pm Nino Di Matteo. Breve è stato il controesame della difesa: l'unico a far domande è stato l'avvocato Leo Mercurio, difensore del medico Giovanni Mercadante. Il dibattimento è stato chiuso e rinviato al 7 maggio a Palermo.
02/05/2009

Fonte: La Sicilia

Addiopizzo senza sede...

CATANIA - "Addiopizzo Catania, da due anni ospite nei locali della Confesercenti di Catania, dal 31 marzo scorso non ha più una sede". Lo rende noto la stessa associazione spiegando che "allo stato attuale, per motivi di natura burocratica e tecnica, non è possibile utilizzare il bene confiscato che circa un anno fa è stato assegnato a Addipizzo e a Libera". L'associazione lancia, quindi, un "appello a tutti coloro che, credendo nel lavoro di Addiopizzo, vorranno aiutarci a risolvere questo grave problema logistico".
03/05/2009
Fonte: La Sicilia

Tresche mafiose...

MILANO - La presunta relazione extraconiugale fra la moglie del medico Giovanni Mercadante, ex deputato regionale adesso accusato di mafia, e un imprenditore della sanità, è stata oggetto di una lunga mediazione in Cosa nostra, gestita da Bernardo Provenzano e Vito Ciancimino. Una mediazione fatta per evitare che venisse ucciso l'amante della donna. Il retroscena emerge dalla deposizione in aula di Massimo Ciancimino, ai giudici del tribunale di Palermo, che stanno processando Mercadante per mafia. Dalle indagini emerge che il boss Tommaso Cannella, zio di Mercadante, aveva chiesto a Provenzano di punire l'imprenditore che aveva avuto una relazione con la moglie di suo nipote. L'amante, invece, per tutelarsi avendo capito che rischiava la vita, avrebbe chiesto protezione allo zio Pino Lipari, boss e uomo di fiducia dei corleonesi. Lo scontro arrivò a Provenzano, che per evitare un omicidio investì del problema Vito Ciancimino, il quale sarebbe arrivato a una mediazione senza spargimento di sangue. I fatti risalgono agli anni Ottanta. Massimo Ciancimino racconta i retroscena di questo tradimento grazie alle confidenze del padre, ma anche della figlia di Mercadante, con la quale il teste all'epoca era fidanzato. L'amante, su richiesta di Vito Ciancimino "venne costretto a lasciare Palermo per almeno tre anni, ma poi - racconta il teste - con un piccolo indultino della mafia, dopo un anno venne fatto ritornare in città, e la vicenda fu chiusa".
02/05/2009
Fonte: La Sicilia

Museo per le vittime di mafia

PALERMO - Un protocollo d'intesa è stato firmato in Prefettura a Palermo tra l'amministrazione comunale, l'associazione nazionale magistrati, l'Unione cronisti e la Fondazione Giovanni e Francesca Falcone per la realizzazione, nel Giardino della memoria a Ciaculli, di un museo per ricordare le vittime cadute per mano mafiosa. Il museo sorgerà nel terreno confiscato per mafia a Paolo Greco e affidato dal Comune, che ne è proprietario, all'Anm e dell'Unci, che hanno realizzato il Giardino della memoria dove, periodicamente, la posa di un albero ricorda una vittima della violenza mafiosa. "Il protocollo d'intesa - dicono Giuseppe De Gregorio dell'Anm e Leone Zingales dell'Unci - avvia la seconda fase, che si avvarrà dell'intervento del ministero delle Infrastrutture per realizzare un vero e proprio memorial, sul modello di quello esistente negli Usa in ricordo delle vittime dell'Olocausto nazista".
02/05/2009
Fonte: La Sicilia

venerdì, maggio 01, 2009

Sequestrati 30 mln di euro a famiglia mafiosa...

Palermo, 28 apr. - (Adnkronos) - Beni per un valore complessivo di 30 milioni sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza ad una famiglia mafiosa della Provincia di Agrigento. Il provvedimento ha riguardato quote societarie e beni di sette societa', attivita' riconducibili a due imprese individuali, conti correnti e dossier titoli, 146 unita' immobiliari, di cui 27 fabbricati (estesi 4.690 mq), 88 appezzamenti di terreno e 31 lotti edificabili (872.559 mq), 3 capannoni industriali, 57 automezzi tra cui autocarri, escavatori, pale meccaniche e tre mercedes di grossa cilindrata, una cava di sabbia e pietrisco, un impianto di calcestruzzo di rilevanti dimensioni.
Le indagini sono scattate nel giugno del 2007 quando la Dda di Palermo ha richiesto al nucleo di Polizia tributaria di Agrigento l'esecuzione di accertamenti nei confronti di un 71enne e del figlio 41enne, sottoposti alla misura della sorveglianza speciale. L'attivita' investigativa ha permesso di comprovare come negli ultimi anni il figlio abbia trasferito, fittiziamente, la proprieta' dei beni ai parenti piu' prossimi e ad altri soggetti estranei al nucleo familiare con l'obiettivo di eludere le leggi antimafia. Gli accertamenti sono stati cosi' estesi ai nuclei familiari, alle societa' e alle imprese a loro intestate e hanno complessivamente coinvolto 12 persone, 9 attivita' imprenditoriali e le pertinenti proprieta' mobiliari ed immobiliari. Il Tribunale di Agrigento, accogliendo le richieste della Dda di Palermo e ritenendo fondati gli accertamenti svolti dai finanzieri, ha ordinato il sequestro preventivo dei beni.

Fonte: Adnkronos

Mai dimenticare...

PALERMO - Pio La Torre considerava la mafia un "cancro per la società". È racchiuso in questo pensiero l'impegno civile e politico del segretario del Pci siciliano ucciso da Cosa nostra 27 anni fa. Lo ha ricordato, nella cerimonia davanti alla lapide sul luogo del delitto, Ninni Terminelli, segretario cittadino del Pd. Breve e semplice la commemorazione davanti a decine di amici e compagni di partito di La Torre. C'erano, tra gli altri, Rita Borsellino, il presidente della commissione antimafia dell' Assemblea regionale Lillo Speziale, il capogruppo del Pd all' Ars, Antonello Cracolici, l'assessore regionale Francesco Scoma in rappresenta del governo regionale. Il ricordo di Terminelli è cominciato dalla figura di Rosario Di Salvo, il collaboratore di La Torre ucciso insieme con l'esponente comunista. Il suo spirito di "militanza" esprimeva quello che Terminelli ha definito un impegno civile portato fino alle rinunce e al sacrificio personale. Per rimarcare il rigore etico di La Torre, Terminelli ha ricordato un episodio riferito da varie testimonianze. Il figlio del deputato del Pci doveva partecipare af una partita di calcio tra ragazzi. Ma quando La Torre ha saputo che uno dei proprietari del campetto aveva collegamenti con ambienti mafiosi chiese al figlio di rinunciare alla partita perchè, gli spiegò, "con la mafia non bisogna avere alcun tipo di contatti". La Torre, a cui si deve il ddl con cui è stato introdotto il reato di associazione mafiosa e la confisca dei patrimoni dei boss, sarà ricordato anche a Roma con una targa nell'atrio di Montecitorio.
30/04/2009
Fonte: La Sicilia

Sciolse nell'acido...

Palermo, 29 apr. - (Adnkronos) - Condannato a 22 anni di reclusione per il sequestro e l'uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, Stefano Bommarito non sconterà la pena in carcere.
Il Tribunale di sorveglianza di Palermo, infatti, come scrive riportato dal 'Giornale di Sicilia', ha concesso al collaboratore di giustizia di San Giuseppe Jato l'affidamento in prova ai servizi sociali. Il piccolo Di Matteo fu sequestrato e poi sciolto nell'acido nel novembre del 1993 per ordine di Giovanni Brusca, che intendeva in tal modo vendicarsi del padre del ragazzino, il pentito Santino Di Matteo. Gli altri esecutori della sentenza sono ai domiciliari o in carcere. Nel processo di Matteo Bommarito, che ne era stato il carceriere, era stato condannato a 20 anni di reclusione grazie agli sconti di pena previsti per i collaboratori di giustizia. Successivamente era stato condannato per l'omicidio di un imprenditore che non aveva voluto pagare il pizzo, Vincenzo Miceli, e di persone ritenute vicine all'ex pentito Balduccio Di Maggio. La pena complessiva per lui era così salita a 22 anni di carcere.

Fonte: Adnkronos